Grand’Italia 6,50

Cielo soleggiato e vento regolare di 7 nodi a Genova per la partenza della quinta edizione del Gran Premio d’Italia Mini 6.50, organizzato dallo Yacht Club Italiano e riservato alla classe Mini 6.50, le barche di 6 metri e 50 su cui hanno mosso i primi passi alcuni dei più grandi velisti del mondo.
 
Pochi minuti dopo le dodici, i 28 partecipanti hanno tagliato la linea di partenza posata al largo di Sturla per affrontarsi in una regata di 540 miglia che li terrà impegnati cinque giorni almeno.
Il percorso da compiere è Genova – Isola della Capraia – La Caletta (Sardegna) – Isola di Giannutri – Genova.
 
Alla prima boa di disimpegno, la flotta è guidata da Andrea Caracci e Joerg Riechers a bordo di Marina di Loano, seguiti da Giacomo Sabbatini e Riccardo Apolloni su ScusamiLeSpalle e dai francesi Chavarria e Dreux su Beziers Med.
La flotta ha issato gli spi e ora procede a una velocità di 4 nodi circa.
Durante il Gran Premio i “ministi” dovranno cavarsela con le loro forze: non è consentito alcun collegamento radio (se non con la barca comitato che rilascia informazioni e aggiornamenti meteo), i telefonini non possono essere utilizzati tranne che in condizioni di emergenza, nessun collegamento Internet è consentito.
A bordo di ogni imbarcazione è stata installata una “balise”, cioè un sistema satellitare che permette di localizzare e seguire in tempo reale ciascun concorrente: l’andamento della regata potrà quindi essere seguito cliccando su www.yci.it o www.gpi-mini650.com.
 
Le previsioni meteo
Alle nove di questa mattina la Scuola di Mare Beppe Croce ha ospitato un briefing durante il quale sono stati esaminati il percorso di regata, le misure di sicurezza da adottare e la situazione meteo. La depressione che si sta spostando verso il Mar Ionio favorirà l’arrivo di un’alta pressione che causerà un calo progressivo del vento nel Golfo di Genova. I partecipanti, da oggi a domani notte, potranno trovare condizioni di vento mediamente sostenuto (tra i 4 e i 6 nodi) nell’area compresa tra Gorgona, Capraia e Capo Corso. Il vento andrà poi indebolendosi lunedì.
 
 
Il Mini 6.50: una barca per veri marinai
8 ottobre 1977: ventiquattro barche a vela di 6,50 metri di lunghezza lasciano Penzance in Inghilterra e con un solo uomo a bordo fanno rotta verso Antigua via Ténérife alle Canarie. Nasce quel giorno la Minitransat, una regata oceanica per piccole imbarcazioni dalle grandi ambizioni.
Per oltre quindici anni i «mini» parlano quasi esclusivamente francese ma la volontà e il coraggio di pochi marinai italiani tra i quali Andrea Romanelli, Ernesto Moresino e Ettore Dottori fa nascere e diffondere anche in Italia l’interesse per questo modo di vivere l’oceano.
Nel marzo 1994 viene costituita la Classe Mini 6.50 Italia: da allora la «minimania» si diffonde inarrestabile. La Classe, gli skipper, i progettisti E l’intero mondo Minitransat italiano crescono e guadagnano riconoscimenti stima e fiducia.

Miiii… che catamarani!

A Trapani la vela spettacolo dell’Extreme Sailing Series

Loick Peyron, Mike Golding e Frank Cammas, leggende della vela mondiale, sono soltanto alcuni tra i campioni presenti a Trapani per la tappa italiana delle Extreme Extreme Sailing Series™ in corso di svolgimento all’interno del porto antico della città. Ma c’e’ qualcuno, giovanissimo e irriverente, che sta
riuscendo almeno fino ad oggi, a scombinare i piani di campioni così blasonati: si chiama Paul Campbell-James, ha 28 anni, inglese con un curriculum ancora da scrivere, ma e’ in testa alla classifica provvisoria con ben 16 punti di vantaggio su Loick Peyron (Oman Sail Masirah) e 22 sul terzo in classifica Yann Guichard (Groupe Edmond De Rothschild). 

Anche oggi a Trapani lo spettacolo non è mancato. Il vento da Ovest NordOvest sempre molto sostenuto, ha regalato emozioni e qualche brivido agli equipaggi e a quei fortunati che, a turno, hanno avuto la possibilità di vivere l’emozione delle regate direttamente a bordo. Il circuito delle Extreme Sailing Series prevede infatti la presenza dell’ospite o del quinto uomo, come si chiama in gergo. E oggi a bordo dell’imbarcazione di casa, Trapani The Sailing Seacily, in qualità di ospite d’onore c’era il Presidente delle Provincia di Trapani, On. Mimmo Turano, che, intervistato al termine della regata, ha dichiarato: “Sono un appassionato di mare e ho una barca molto veloce, ma essere a bordo di questi velocissimi catamarani non è una cosa che capita tutti i giorni. Inoltre son orgoglioso di aver regatato a bordo della barca della Provincia di Trapani”.

Turano ha poi aggiunto: “Sono molto contento di questo evento, ho visto tanto pubblico, tanta partecipazione e un’organizzazione di alto livello. Credo che i velisti professionisti provenienti da tutto il mondo abbiano trovato un campo di regata ideale qui a Trapani. L’anno prossimo avremo sicuramente in provincia di Trapani un altro evento dell’Extreme Sailing Series. Voglio aggiungere che, per organizzare questo evento, abbiamo rimodulato un programma di accordo quadro per la vela nel trapanese sostenuto e finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico e dalla Regione Sicilia.  Se non avessi avuto la disponibilità del Dott. Versace e dell’assessore Strano oggi non saremmo qui, quindi li ringrazio
pubblicamente per quello che fanno per il nostro territorio. A loro riferirò che l’evento è stato un successo e sono certo di convincerli a ripetere di nuovo questa iniziativa qui nella nostra Provincia”.

A bordo dell’imbarcazione di casa non c’era invece Gabriele Bruni, infortunatosi ieri a una caviglia durante la sesta regata. Al suo posto il campione australiano Mitch Booth. Domani invece sarà Francesco Bruni a prendere il posto del fratello.

VIDEO: Extreme Sailing Series – Vicini alla scuffia – Day 2 – Trapani

VIDEO: Extreme Sailing Series – On Board Action – Day 2

Se vi sembra poco …

Nemmeno le profondita’ degli abissi del Mediterraneo sono sufficientemente remote per sfuggire all’impatto dell’uomo, a partire dall’immondizia.

“Anche a mille, duemila metri di profondita’, e’ comune vedere buste e piatti di plastica” afferma Roberto Danovaro, dell’Universita’ Politecnica delle Marche, tra i 360 studiosi di tutto il mondo impegnati nel Census of marine Life (Coml), un progetto che negli ultimi dieci anni ha censito 230mila diverse specie nelle
25 aree studiate. Tra queste anche il Mediterraneo, considerato il piu’ a rischio per la perdita di biodiversita’.
La minaccia deriva da una concentrazione di diversi fattori. “Innanzitutto pesa la pesca eccessiva – spiega Danovaro – e poi la contaminazione, di varia natura, dalle plastiche all’inquinamento da pesticidi e altri composti tossici”.
Sostanze chimiche, come il mercurio, sono presenti in quantita’ superiori rispetto agli altri mari del Pianeta. “Si tratta di un pericolo per organismi che vivono nelle acque profonde -aggiunge lo studioso – come il “pescecane portoghese”, una specie di squalo che abita nel Mediterraneo fra gli 800 e i 3.500 metri e quindi non subisce facilmente contaminazioni dalla superficie”.
Eppure nemmeno questo animale e’ scampato alle sostanze chimiche. “Questa specie esiste anche in Giappone, nell’Atlantico – spiega Danovaro – e quindi e’ stato possibile fare un confronto nelle analisi di questi animali: la contaminazione nel Mediterraneo non ha eguali nel mondo”. Altro fattore di grande preoccupazione per gli scienziati sono i cambiamenti climatici.
“Il Mediterraneo e’ la regione, insieme all’Artico – continua l’esperto – dove il riscaldamento dell’acqua non ha precedentiper la sua rapidita’. Dal ’90 ad oggi, il tasso di riscaldamento e’ raddoppiato”. Un’impennata della velocita’ che ha riguardato anche le acque profonde. Non e’ importante solo per le specie
che vi abitano, ma per lo scambio termico a livello di bacino”,che influenza tutte le dinamiche del clima della regione del Mediterraneo. Fra le immondizie ritrovate nei fondali fra i 194 metri e i 4.614 metri di profondita’, nell’area fra il Golfo di Taranto, Siria e Cipro, i frammenti di vernici sono stati i piu’
comuni (44%), seguiti dalle plastiche (36%). “Il problema delle vernici lo affronteremo per lungo tempo –
spiega Danovaro – visto che fino ad oggi hanno contenuto il TBT, lo “stagno tributile”, ora vietato in Italia. Questa sostanza causa il cambio del sesso di organismi come le lumache di mare,
dove le femmine perdono la loro fertilita’. Pensavamo fosse un problema limitato alle aree portuali – conclude lo scienziato – ma potrebbe essere un problema anche per gli abissi”.

Pacific Trash Vortex, tutta spazzatura

Al largo della California un’isola di plastica grande come due volte il Texas

Ogni volta che gettiamo qualcosa in mare questo
qualcosa fa dei giri immensi e finisce per depositarsi dove meglio crede.
Le preoccupazioni sulle (cattive) abitudini nostre e dei nostri simili a molti possono sembrare un eccesso, un fanatismo da tempi bui; ma la realtà supera la fantasia perchè il Pacif Trash Vortex, Vortice di Spazzatura del Pacifico, in Italia noto come “Isola della plastica”, è purtroppo una realtà.
Ne raccontano lo schifo i pescatori californiani, i
guardiacoste, ma soprattutto le immagini e le analisi di laboratorio: la plastica ed ogni altra cosa che stupidamente gettiamo in mare entra nella catena alimentare: entra quindi nelle nostre pance. Non solo in America, non solo nel acifico, ma in ogni altro mare trasformato dalla mano dell’uomo. Figuriamoci nel Mediterraneo, piccolo lago marino, parco giochi di tanti italiani consapevoli o meno che siano.

Repubblica Marinara, la nuova sfida italiana all’America’s Cup in nome dell’ambiente

 Repubblica Marinara, la Sfida popolare italiana all’America’s Cup”. L’annuncio arriva a sorpresa nell’ultimo giorno di regate della Louis Vuitton Cup di Valencia, in Spagna, che segna l’uscita di scena di
Luna Rossa, sconfitta da New Zealand con un secco 5 a 0. Le agenzie di stampa battono i titoli: “Lanciata nuova sfida italiana: Repubblica Marinara”, (APCom);
” Una sottoscrizione per una nuova sfida italiana”,(ADNKronos); “Nuova sfida italiana parte da Valencia”, (Ansa).

L’annuncio crea un certo stupore nell’ambiente e soprattutto molta curiosità perchè giunge inaspettato attraverso un sito internet (www.repubblicamarinara.it) che si propone nientemeno che di mettere insieme gli appassionati italiani, chiedendo loro una sottoscrizione; mentre il quotidiano La Repubblica (venerdì 8 giugno) aggiunge nelle pagine sportive che il team manager della sfida potrebbe essere addirittura Francesco De Angelis, lo skipper di Luna Rossa.
Ce n’è abbastanza per far saltare sulla sedia più di un addetto ai lavori.

Eppure nessuno sa chi c’è dietro questa sfida, di quali capitali disponga, come vuole agire e come eventualmente intenderebbe gestire il denaro che chiede in affidamento agli italiani. Sul sito internet della sedicente Repubblica Marinara si legge di un programma che è in fondo condivisibile, il quale non ha esclusivamente la vela in primo piano, ma si propone obiettivi anche più ambiziosi, come l’ambiente e la sua protezione, la ricerca di uno sviluppo compatibile con il nostro ecosistema non più sfruttabile all’infinito. Gli ideatori di questa “Sfida popolare”, che si fonda sul contributo anche di un 1 solo euro, intendono insomma usare la Coppa America come palcoscenico per la questione ambientale, riuscendo magari a portare davvero il Trofeo in Italia, per sensibilizzare i connazionali alla difesa del loro Belpaese e dell’universo intero. Vasto programma.

Eppure proprio in Italia a qualcuno non è sfuggita la portata della questione: “Un’ottima idea
per promuovere nel mondo le doti migliori del nostro Paese, quel mix tra natura, cultura, talenti e capacità di innovare che fa grande l’Italia nel mondo”, scrive il deputato dell’Ulivo Ermete Realacci, ambientalista della prima ora, eletto peraltro nel collegio della “Repubblica Marinara” di Pisa, tra i primi firmatari della “Sfida”. Ma, insomma, chi c’è dietro questa iniziativa che già fa gola alla politica? Sul solito sito (www.repubblicamarinara.it) si legge di un giornalista e di un fisico dell’atmosfera, nucleo primordiale del comitato promotore: abbiamo parlato proprio con quest’ultimo, il fisico, che risponde al nome di Carlo Buontempo e che lavora in Gran Bretagna, presso l’ufficio metereologico nazionale, l’UK Meteo Office. Un emigrante di talento, insomma. Lo abbiamo intervistato.

 

Dr. Buontempo, ma davvero crede che gli italiani siano disposti a sposare la sua idea? In questo paese ci sono gli steccati ideologici, le contrapposizioni… Coppi e Bartali… Mica è facile mettere d’accordo gli italiani.

“Io credo che il futuro debba essere preoccupazione di tutti, senza distinzioni di sorta. E’ vero che qui parliamo in fondo di una Sfida di vela, di Coppa America, ma sotto sotto intendiano lanciare una sfida ben più importante che è quella del clima, di un mutamento che è oramai sotto gli occhi di tutti, non solo degli scienziati o dei “fanatici” ambientalisti. E che non puo’ più essere sottovalutato”.
Lei ha ulteriori elementi di prova sui mutamenti climatici?
“Non occorre essere degli scienziati per rendersi conto di quanto sta accadendo: basta leggersi per esempio l’ultimo assestement report del IPCC, il Comitato Internazionale per i Cambiamenti Climatici (www.ipcc.ch) per rendersene conto. Il clima del nostro pianeta cambia e noi ne siamo largamente responsabili. Una sintesi la può trovare anche a quest’altro indirizzo internet: Metoffice.gov.uk.
Ma vuole un dato su tutti? Sei dei sette anni piu’ caldi in assoluto, in termini di temperatura media superficiale del pianeta (http://data.giss.nasa.gov/gistemp/2005/), compreso il 2006, sono stati registrati dal 2001. Mentre i dieci anni più caldi della storia si contano tutti a partire dal 1995… (Per dati piu’ aggiornati il lettore puo’ visitare (http://www.ncdc.noaa.gov/oa/climate/research/2007/apr/global.html).
Se poi, invece, vogliamo restare al tema della Coppa America, guardi allora come sono iniziate le regate a Valencia: giorni e giorni di bonaccia totale, completa assenza di vento. Le sembra normale?”.

E in che modo contate di risolvere la questione?

“Risolverla non è certamente alla nostra portata: non la risolviamo delegandola ad una regata. Però contiamo di amplificare il problema, di sensibilizzare l’opinione pubblica per dirottarla, diciamo così, sulle questioni che ci riguardano da vicino, entusiasmandola però con
i risultati di Coppa America. In Italia c’è un pubblico numeroso e molto appassionato e vorremmo che tifasse per la sua “Repubblica”, per il suo habitat, per il bene del suo paese e del pianeta se me lo lascia dire”.
Ma avete un’idea sull’equipaggio, sulla barca sui finanziamenti necessari?

“Io rappresento con i miei amici solo l’embrione della questione. E’ chiaro che tutto deve ancora essere costruito. Ma questo è il momento di farlo perchè, finita questa edizione della Coppa, a Valencia, sul campo, rimangono molte illusioni perdute che potremmo raccogliere per indirizzarle sul progetto di Repubblica Marinara: sul mercato ci sono barche di primo piano da poter acquistare e uomini di grande talento, che sono tutt’ora senza “casacca”. C’è per esempio l’americano Paul Cayard, l’indimenticabile skipper del Moro di Venezia, innamorato dell’Italia e ben a conoscenza del nostro progetto, che ha molto apprezzato. E c’è poi il Sig. Coppa America in persona, il neozelandese Roussel Coutts, che dopo il divorzio da Alinghi è ancora a terra senza barca. E non credo che vi resterà a lungo. Certo, si tratta di sogni, perchè occorrono molti soldi per ingaggiare professionisti di questo livello, ma gli italiani sono capaci di tutto, ed è per questo che ci rivolgiamo a loro”.
E di italiani, a bordo?

“Sarebbe semplicemente fantastico poter attingere a piene mani dal talento tutto italiano di Francesco de Angelis, per esempio, qualora Luna Rossa abbandonasse la scena, per affiancargli i tanti giovani campioni italiani ancora sconosciuti o poco noti, a cominciare dal timoniere, che vorremmo fosse Gabrio Zandonà: un campione del mondo e d’Europa. Vi piacerebbe, per cominciare?”.

E con quali garanzie gli italiani dovrebbero affidarvi anche un solo euro?

Quello di una figura di garanzia è problema che ci siamo posti da subito, abbiamo contattato qualcuno e siamo in attesa di risposte. Potrebbe essere un italiano di successo, una persona nota, al di sopra delle parti, ma anche una figura più istituzionale, un uomo di riconosciuta personalità e di specchiato valore.

Chi gestirebbe il denaro?

Un istituto di credito, il più popolare possibile, magari anche le Poste.
Ed i suoi soci in questa impresa chi sono?

Due appassionati velisti come me: un amico giornalista che ha lanciato l’amo, se così possiamo dire, che ha avuto la “brillante” idea, ed un altro amico fotografo, che ha subito risposto positivamente. Per il momento preferiscono restare nell’anonimato, sconosciuti al grande pubblico, anche se l’ambiente della vela li conosce bene.
Non pensate di aver bisogno di un “testimonial”, qualcuno che vi aiuti ad uscire all’anonimato?

Altrochè! Aspettiamo proposte. Ma vorremmo qualcuno che davvero rappresenti l’idea, che so… un Peter Black italiano se fosse possibile, un uomo di mare davvero impegnato sui temi ambientali come fu per lo scomparso neozelandese, che non solo portò i kiwi a vincere la Coppa America, ma raccolse anche l’eredità di Jaques Cousteau prima di venire ucciso per rapina proprio in una delle sue prime missioni con la Calypso.

L’uomo che inventò i “calzini rossi”, il simbolo portafortuna della vincente sfida neozelandese?

Sì, l’uomo che seppe coinvolgere un’intera nazione. Se in Nuova Zelanda è accaduto che tutto un paese siè infilato i calzini rossi, pagandoli 20 dollari il paio, non vedo perchè in Italia non si possano far navigare milioni di barchette di carta, che è il simbolo della nostra sottoscrizione, della Repubblica Marinara.
E se tutto fallisse?

Pazienza. Ma resterebbe un certo amaro in bocca per aver perso un’occasione, per non aver dato vita a qualcosa che può renderci tutti protagonisti di un sogno comune, capaci di dare una spinta propositiva piuttosto che rimanere, ancora una volta, semplici tifosi dei giochi altrui.
E gli sponsor?

Ecocompatibili. Oppure capaci di mettere in cantiere progetti utili all’ambiente. Da anni si parla di alternativa al petrolio, per esempio, ma ancora si vede poco o nulla sul piano della propulsione a idrogeno. Ecco, qualcuno che volesse davvero darsi da fare in questo campo sarebbe il nostro partner ideale. E noi per lui.
Ma uno sponsor non è in contraddizione con lo spirito della sottoscrizione, dell’idea dell’azionariato popolare?

Uno o più sponsor compatibili sono in grado di coprire le spese del progetto. A quel punto i sottoscrittori avrebbero due strade a disposizione: monetizzare l’investimento, cioè riavere indietro almeno una parte del denaro sottoscritto, oppure decidere di mettere questo denaro a disposizione di un qualche organismo umanitario per progetti di pubblica utilità, magari nel terzo mondo. Ma anche, per esempio, per sostenere in Italia dei progetti di conservazione del patrimonio ambientale e culturale: penso alle oasi del WWF, per dire, oppure ai siti del Fai, oppure ancora ai molti meravigliosi angoli del nostro bel paese che non sono curati e conservati come meriterebbero.

Punta dritto su Montreal l’ultimo degli uragani. Epsilon il convitato di pietra

In Canada, alla Conferenza sui mutamenti climatici aperta a Montreal, si discute di mutamenti climatici e di inquinamento atmosferico. Incalzati da un effetto serra ritenuto la principale causa di una stagione degli uragani senza precedenti, i rappresentanti di 189 paesi intendono andare oltre il protocollo di Kyoto, un accordo disatteso soprattuto dagli Stati Uniti, primo paese inquinatore al mondo.
A Montreal gli ambientalisti sfidano un clima polare per scendere in piazza e chiedere provvedimenti contro l’effetto serra, ritenuto responsabile del riscaldamernto della Terra e quindi delle catastrofi ambientali che hanno segnato il 2005. Gli ambientalisti hanno consegnato all’ambasciata americana una petizione con 600 mila firme che invita Washington ad impegnarsi concretamente contro i mutamenti climatici.
  Continua a leggere