Il sogno di navigare attraverso il polo Nord potrebbe trasformarsi in realtà entro il 2060. Tra 50 anni infatti l’oceano Artico potrebbe diventare completamente navigabile anche per le navi “normali” Continua a leggere
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World Economic Forum. “Piratare” il clima è fattore di rischio globale
Il clima mondiale potrebbe essere “piratato” da una nazione o anche da una singola persona malintenzionata grazie all’uso della geo-ingegneria. Continua a leggere
Clima, se 1,3 gradi vi sembrano pochi
I cambiamenti climatici sono una realtà per tutto il Pianeta, inclusa l’Europa e l’Italia, ad una velocità “sempre più evidente”. Continua a leggere
Inquinamento, avanti tutta!
La quantità di gas ad effetto serra nell’atmosfera ha raggiunto un nuovo record nel 2011. La relazione dell’Organizzazione Metereologica Mondiale. Continua a leggere
Italiani, se le bevono tutte
Siccità e “spreco” di risorsa idrica sono problemi imminenti per l’Italia con i mutamenti climatici in atto.
E’ quanto ha evidenziato il climatologo Vincenzo Ferrara, del ministero dell’Ambiente, intervenuto a un convegno di Federutility a Firenze dedicato al dissesto idrogeologico ed emergenze idriche. Continua a leggere
Ipcc: i livelli del mare crescono più in fretta
I livelli del mare stanno crescendo molto più velocemente che in passato e un nuovo studio dell’Università del Colorado coordinato dal geologo Bill Hay prova a spiegarne le ragioni. Continua a leggere
In coda sugli oceani (guarda i video)
Trofeo Jules Verne e record del mondo in solitario
Gli oceani sembrano affollati in questo momento dell’anno, che vede di solito partire tutte le regate che circumnavigano il Globo, magari affrontando il clima rigido continentale nella primissima fase della gara, ma assicurandosi la “mitezza”, se pure fosse possibile a quelle latitudini dell’estate australe, negli oceani del Grande Sud.
In corsa ci sono in questo momento due francesi, come al solito: uno è Thomas Coville, che in solitario su di un gigantesco trimarano di oltre 32 metri di lunghezza sta tentando di battere il record sul giro del mondo.
L’altro è invece Pascal Bidégorry che a bordo di un altro trimarano, questa volta in equipaggio, tenta di conquistare il Trofeo Jules verne, che spetta a colui che riesce a compiere il giro del mondo altro che in ottanta giorni, ma almeno nella metà del tempo: tanto è quello che impiegano queste macchina da velocità pura.
Il fatto è che Bidégorry ed il suo Banque Populaire hanno rotto la deriva in pieno Atlantico del sud, incappando in un oggetto galleggiante non meglio identificato, che gli ha portato via due metri di chiglia mobile.
Non sono in pericolo, ma il record è a questo punto una pia illusione, perchè la deviva gli permetteva di non scarrocciare, ovvero di mantenere la rotta voluta, senza scadere a causa delle correnti e del vento.
Banque Populaire si trova in questo momento a circa 1350 chilometri ad ovest del capo di Buona Speranza.
http://www.rainews24.it/ran24/clips/2011/02/banque_populaire.flv
In quanto al solitario e al suo Sodebo, passata la sbornia dell’emisfero nord e degli umori dell’Atlantico, si trova ora impantanato nelle calme equatoriali, nel cosiddetto “Pot au Noire”, a cavallo dell’equatore, dove non soffia neppure un alito di vento.
E’ una zona decisiva questa, soprattutto nelle regate intorno al mondo, passaggio chiave perchè di solito il primo che riesce a svicolare riesce pure a mettere tra se e gli avversari quel margine di vantaggio che gli consente di vincere la regata.
partito dalle coste atlantiche francesi il 29 gennaio scorso, Coville deve battere il record stabilito dal suo connazionale Francis Joyon nel 2008 in 57 giorni, 13 ore, 34 minuti e 6 secondi.
E poi ci sono anche loro…
Sono rimasti in quattro i navigatori solitari impegnati nella Velux 5 Oceans, il giro del mondo a vela in solitario. Hanno lasciato la Nuova Zelanda per raggiungere Punta del Este in Uruguay. Tra loro e il traguardo cè da doppiare però il leggendario Capo Horn, l’estrema punta meridionale del continente sudamericano, luogo di legende e di tregenda. Dopo la seconda tappa il gruppo è guidato dallo statunitense Brad Van Liew, vincitore di ambedue le frazioni finora concluse. Il velista di Charleston precede in classifica il polacco Zbignew Gutowski. Seguono il canadese Derek Hatfield e Chris Stanmore-Major . Unico ritirato, finora, Christophe Bullens.
Pochi luoghi sulle mappe portano Ai velisti Capo Horn evoca onde gigantesche, burrasche epiche, naufragi. Per gli italiani, l’episodio più noto di questa regata è legato a Giovanni Soldini, che nel 1999 modifico’ la propria rotta per salvare Isabelle Autissier. La velista francese si era capovolta con la sua barca proprio alla fine del mondo.
Video tratti da:
http://www.sodebo-voile.com/
http://www.voile.banquepopulaire.fr/
Se vi sembra poco …
Nemmeno le profondita’ degli abissi del Mediterraneo sono sufficientemente remote per sfuggire all’impatto dell’uomo, a partire dall’immondizia.
“Anche a mille, duemila metri di profondita’, e’ comune vedere buste e piatti di plastica” afferma Roberto Danovaro, dell’Universita’ Politecnica delle Marche, tra i 360 studiosi di tutto il mondo impegnati nel Census of marine Life (Coml), un progetto che negli ultimi dieci anni ha censito 230mila diverse specie nelle
25 aree studiate. Tra queste anche il Mediterraneo, considerato il piu’ a rischio per la perdita di biodiversita’.
La minaccia deriva da una concentrazione di diversi fattori. “Innanzitutto pesa la pesca eccessiva – spiega Danovaro – e poi la contaminazione, di varia natura, dalle plastiche all’inquinamento da pesticidi e altri composti tossici”.
Sostanze chimiche, come il mercurio, sono presenti in quantita’ superiori rispetto agli altri mari del Pianeta. “Si tratta di un pericolo per organismi che vivono nelle acque profonde -aggiunge lo studioso – come il “pescecane portoghese”, una specie di squalo che abita nel Mediterraneo fra gli 800 e i 3.500 metri e quindi non subisce facilmente contaminazioni dalla superficie”.
Eppure nemmeno questo animale e’ scampato alle sostanze chimiche. “Questa specie esiste anche in Giappone, nell’Atlantico – spiega Danovaro – e quindi e’ stato possibile fare un confronto nelle analisi di questi animali: la contaminazione nel Mediterraneo non ha eguali nel mondo”. Altro fattore di grande preoccupazione per gli scienziati sono i cambiamenti climatici.
“Il Mediterraneo e’ la regione, insieme all’Artico – continua l’esperto – dove il riscaldamento dell’acqua non ha precedentiper la sua rapidita’. Dal ’90 ad oggi, il tasso di riscaldamento e’ raddoppiato”. Un’impennata della velocita’ che ha riguardato anche le acque profonde. Non e’ importante solo per le specie
che vi abitano, ma per lo scambio termico a livello di bacino”,che influenza tutte le dinamiche del clima della regione del Mediterraneo. Fra le immondizie ritrovate nei fondali fra i 194 metri e i 4.614 metri di profondita’, nell’area fra il Golfo di Taranto, Siria e Cipro, i frammenti di vernici sono stati i piu’
comuni (44%), seguiti dalle plastiche (36%). “Il problema delle vernici lo affronteremo per lungo tempo –
spiega Danovaro – visto che fino ad oggi hanno contenuto il TBT, lo “stagno tributile”, ora vietato in Italia. Questa sostanza causa il cambio del sesso di organismi come le lumache di mare,
dove le femmine perdono la loro fertilita’. Pensavamo fosse un problema limitato alle aree portuali – conclude lo scienziato – ma potrebbe essere un problema anche per gli abissi”.
Questa sì che è un’arma di distruzione di massa, altro che chiacchiere!
Il presidente dell’Accademia britannica delle Scienze (Royal Society), Lord May, e’ del parere che le conseguenze dell’effetto serra possano essere paragonate a quelle di “armi di distruzione di massa”. Lord May sottolinea che “gli impatti del riscaldamento planetario sono numerosi e gravi”, citando tra questi l’aumento del livello dei mari, la modifica del regime delle acque e l’ “accresciuta frequenza di eventi estremi, inondazioni, siccita’ e uragani”.”Questi ultimi, spiega, hanno conseguenze sempre piu’ gravi, al punto da poter essere paragonate a quelle delle armi di distruzione di massa”. I danni causati dall’uragano Katrina l’estate scorsa rappresentano l’ “1,7% del pil” degli Stati Uniti per il 2005 ed e’ “concepibile che la parte americana del Golfo del Messico diventi effettivamente inabitabile entro la fine del secolo”, aggiunge Lord May.
Clima, le minaccie concrete. Già sommerso un piccolo atollo nel Pacifico
L’obiettivo principale della Conferenza di Montreal è il superamento del Protocollo di Kyoto per stabilire limiti concreti all’inquinamento ed alle sue conseguenze.
Entro i prossimi 150 anni, un tempo lampo per la Terra, la calotta polare potrebbe letteralmente sparire, siogliersi come ghiaccio al sole sotto l’effetto del riscaldamento climatico. Sono le previsioni dell’elaboratore del Lawrence Livermore National Laboratory che ha calcolato gli scenari oltre il 2100 e fino al 2300, il tutto calcolato in assenza di misure di mitigazione. Entro 300 anni, insomma la temperatura media potrebbe aumentare fino a 8 gradi con un aumento effettivo di ben 20 gradi nelle aree polari, la conseguente distruzione delle calotte e l’innalzamento del livello dei mari di circa 7 metri: una misura d’acqua che sommergerebbe intere città costiere. E che non sia una profezia allarmistica, diffusa magari dagli ambientalisti tanto per fare rumore, lo dice una notizia di questi giorni, maledettamente vera: lo sgombero forzato di alcuni isolotti della Papua Nuova Guinea, minacciati dalle acque.