Pinna in brodetto, squali che ghiottoneria

La caccia allo squalo per selezionarne la pinna e poi rigettarlo in acqua, lasciandolo morire, è una pratica sempre più diffusa in Oriente, soprattutto in Cina. Ogni anno decine e decine di migliaia di esemplari vengono brutalmente amputati per alimentare le tavole dei buongustai asiatici, ma il rischio è l’estinzione delle specie più rare. Gli animalisti hanno lanciato l’allarme e per la prima volta un grido si è levato anche dalla Cina, grazie alla presa di posizione di alcuni cinesi espatriati negli Stati Uniti.

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Balene, Esperanza di dialogo

Rientra in porto in Australia per rifornimento la Esperanza, la nave di Greenpeace da mesi impegnata in Antartico per contrastare la caccia alle balene degli irriducibili giapponesi.

Malgrado il divieto di pesca e dopo gli incidenti anche violenti delle precedenti campagne, gli ambientalisti di Greenpeace ed i cacciatori di balene giapponesi, cominciano a parlarsi. Ma ci sono voluti un incendio sulla baleniera del Sol Levante, un marinaio morto e 508 balene uccise

E’ stato un incendio scoppiato a bordo della baleniera giapponese Nisshin Maru, a convincere tutti che in pieno oceano Artico, centinaia e centinaia di miglia a sud dell’Australia, dalla terra più vicina, l’unica assistenza possibile era proprio quella della nave ” nemica”, la Esperanza degli ambientalisti, i quali contrastano con ogni mezzo l’attività di pesca dei giapponesi.

<<E così è iniziato un dialogo costruttivo>>, dice Junichi Sato, giapponese, coordinatore della campagna di Greenpeace, il quale conta ora di proseguire il discorso quando le autorità dipesca giapponesi e i dirigenti dell’Istituto di Ricerca sui Cetacei, verranno invitati a bordo dell’Esperanza, la nave degli ambientalisti, che presto farà tappa in Giappone.
Greenpeace non si fa tuttavia molte illusioni, ed è convinta che non appena riparati i danni la baleniera tornerà in Antartico a dare la caccia alle balene, anche se l’incidente in mare non potrà passare come un semplice incidente di percorso.


<<Quanto è accaduto negli oceani del Sud deve rappresentare un chiaro segnale per il governo e per il popolo giapponese che questa è l’ultima campagna di pesca possibile nel Santuario delle balene>>, dice il comandante dell’Esperanza, Karli Thomas. Da novembre ad oggi il Giappone ha catturato 508 degli 860 esemplari programmati in quello che malgrado il divieto assoluto di pesca, si ostina a definire un “programma di ricerca scientifica”, anche se di scientifico c’è solo la sistematicità delle catture, perchè la prelibata carne delle balene finisce puntualmente sui tavoli dei costosissimi ristoranti di Tokyo e provincia.
La ricerca, infatti, consiste nel destinare a nuove campagne di pesca il fatturato delle vendite dei cetacei, nulla più.

Vedi anche: Giappone, e noi mangiamo le balene!

Vedi anche: Balene, caccia anche l’Islanda

Nuova Zelanda, noi amiamo le balene

Oltre 100 balenottere sono finite sulla spiaggia di Puponga, a nord della città di Nelson, nell’isola meridionale della Nuova Zelanda. Per giorni e giorni gli ambientalisti e la popolazione locale le hanno curate prima di riuscire a restituirle al mare. Il fenomeno, che si ripete spesso nei mari australi, non ha ancora una spiegazione plausibile.
Ma non parliamo di suicidio, per favore, dicono gli animalisti.

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Ciao Willy, balena del Tamigi

E’ morta la balena che si era persa nel Tamigi. L’animale non e’ sopravvissuto alle ferite ed allo stress riportato nella sua disavventura. Si e’ spenta a bordo della chiatta che cercava di restituirla al mare, probabilmente stroncata da un infarto. Niente hanno potuto i soccorsi, l’affetto della gente, la mobilitazione generale. Willy e’ morta sabato sera.

Il grande animale ha smesso di vivere dopo un attacco di convulsioni, ma che la situazione fosse disperata, era chiaro a tutti. Willy appariva infatti spento, dava solo pochi e deboli colpi di coda di tanto in tanto, conseguenza di quella profonda ferita che le faceva sanguinare la testa, il probabile frutto di un colpo dovuto alla perdita di orientamento e al suo incredibile approdo nel cuore di Londra. In mattinata si e’ tentato il tutto per tutto caricandola su di una chiatta per riportarla in mare. Un tentativo disperato per strapparla alla sua lenta agonia e restituirla al suo ambiente naturale, con la speranza che potesse ridonarle la vita. Una nave attendeva Willy alla foce del Tamigi per portarla in
mare aperto, ma a metà pomeriggio tutte le speranze andavano rapidamente scemando, perche’ per la balena non c’era piu’ niente da fare. E così, in serata, è morta mentre era ancora sulla chiatta. ” Sono triste ma non sorpreso – ha commentato il sindaco di Londra Ken Livingstone: non eravamo ottimisti, sapevamo, ma speravamo di poterla portare in mare aperto”. “E’ molto doloroso – ha aggiunto con un sospiro -. Sarebbe bello che nella tua città le balene potessero entrare e uscire liberamente”.

Continua la campagna di Greenpeace in difesa delle balene

Si inasprisce il confronto tra i “guerrieri dell’arcobaleno” e le baleniere giapponesi, da settimane impegnati in una difficile battaglia navale.

Questa volta è finito in acqua un attivista, letteralmente sbalzato dal gommone dell’associazione ambientalista che si era messo davanti alla prua della baleniera, per liberare dall’arpione la balena colpita.
E’ stata una vera e propria azione di combattimento, un gesto al limite, che poteva anche finire peggio.
Da settimane oramai i guerrieri dell’arcobaleno contrastano la campagna di caccia alle balene condotta dai giapponesi nei mari antartici, a sud dell’Australia. Sul posto ci sono ben due navi a contrastare la flotta giapponese in un confronto che promette di durare ancora molte settimane, <<sino a quando avremo carburante a sufficienza>>, promette Greenpeace.

Qualche settimana fa il contatto c’era stato proprio tra le navi: tra una baleniera e lo scafo ammiraglio degli ambientalisti, che non aveva esitato a puntare la baleniera pur di metterela in difficoltà mentre recuperava a bordo una balena catturata. Una campagna che i giapponesi giustificano con ragioni scentifiche, ma che secondo gli ambientalisti finisce semplicemente sui tavoli dei ristoranti di Tokyo. Certo è che il livello dello scontro sale ogni giorno di più, al punto che il governo australiano ha espresso preoccupazioni in tal senso, criticando chi mette di fatto in pericolo la propria vita.