Raccolto l’invito del Presidente della Repubblica Ciampi, l’armatore della Moby, Vincenzo Onorato discute del futuro del trasporto in Italia, per liberare il traffico autostradale e spostarlo, concretamente, sul mare.
Rainews24 lo ha intervistato.
Verrebbe da dire “indietro tutta”, se non fosse che in realtà l’intenzione è proprio quella di procedere in avanti, lasciandosi alle spalle un sistema ed un mondo dei trasporti inadeguato ed inquinante, che ha oramai giustificazioni ed argomentazioni sempre meno plausibili.
Parliamo di mare, ma siamo costretti a farlo attraverso un preambolo tutto stradale, denso di fumi di scarico bruciati lungo l’asfalto che taglia in lungo e in largo il Bel Paese, di paesaggi straziati dal cemento e dal bitume, di diritti ambientali negati e violati, di fette di territorio violentate in nome del prodotto interno lordo che fattura su gomma. Ma soprattutto di vite umane spezzate, perse tragicamente su strade che assomigliano sempre più ad una scommessa. Ricordate il film “Rollerball” ? Era quello in cui ogni trucco era lecito pur di sbattere fuori pista l’altro, lanciato velocissimo sui pattini, impegnato a far rotolare una palla d’acciaio sino al traguardo. Vinceva naturalmente chi riusciva a rimanere vivo. L’immagine è cruda, è vero. Ma lo sono anche le cifre, i numeri di un’Italia al volante che va scomparendo inesorabilmente, nemmeno fosse in guerra.
Ogni anno muore un’intera cittadina, il suo equivalente: 7 mila vittime sulle strade. Mentre sono 15 mila i feriti in maniera permanente, gente che ha concluso la sua corsa, spesso involontariamente, per responsabilità altrui, sopra una sedia a rotelle. I costi umani e sociali sono drammatici, insopportabili in questa perversa partita del dare e dell’avere che gioca lo Stato, il quale con una mano spreme denaro agli automobilisti, sotto forma di ricavi sulla benzina, bolli, immatricolazioni, iva e via incassando, e con l’altra spende, sotto forma di spese sanitarie, interventi di polizia, processi, prodotto interno lordo bruciato in nome dei rallentamenti e del traffico intasato, della guida senza misure di molti automobilisti e camionisti incoscienti. Non è idiosincrasia, autolesionismo?
Nella vicina Francia il presidente Chirac ha convocato un vero e proprio consiglio d’emergenza sulla questione, che pure è ben lontana dalle cifre italiane : ha chiamato a raccolta i responsabili dell’Interno, dei Trasporti e persino dell’Educazione, la scuola, per cercare di arginare un fenomeno “non degno di un Paese civile”, come ha spiegato guadagnandosi anche l’ironia della stampa quotidiana che ha titolato con simpatia: “Chirac, istruttore di scuola guida”. In Italia ci ha pensato il Presidente Ciampi a lanciare un grido di allarme, fin troppo velato sotto l’invito di creare un’alternativa al traffico sulle strade, al trasporto su gomma, realizzando quello via mare. «È tempo di fare le autostrade del mare», ha detto il Presidente.
Ed è tempo di «procedere velocemente», ha insistito, per rilanciare il sistema Italia, la sua modernizzazione.
« Sono mancati sinora gliinvestimenti, le infrastrutture», ha chiarito il Capo dello Stato, «mancano i raccordi con la rete ferroviaria e stradale : i porti del Tirreno e dell’Adriatico devono rendersi complementari, non solo per il trasporto delle merci all’interno della Penisola, ma anche per intercettare i traffici chegiungono in Europa da Oriente», rispetto ai quali iporti italiani sono ancora poco toccati. L’Italia,insomma, quale un’unica lunga banchina a mare, come difatto è, molo d’attracco privilegiato. Un’autenticamacchina indietro tutta rispetto al traffico su gomma, cresciuto a dismisura nell’Italia dei successi economici, dell’imprenditoria sempre più minuta, delle mille piccole imprese, delle centinaia di migliaia di“ padroncini” del trasporto gommato, divenuto infine impedimento allo sviluppo, specchio opacizzato di una cura del ferro che non ha mai preso piede e che lascia ora il posto all’Alta Velocità relegando il trasporto su rotaia ad un fardello inutile. Contrariamante a quanto spesso accade nel bene amato Paese, questo invito del Presidente Ciampi, che sposa oltretutto un principio comunitario, perché si inserisce tra le 30 opere che l’Unione europea giudica strategiche e prioritarie per una migliore integrazione dell’Europa, è stato immediatamente raccolto da un imprenditore marittimo che lo ha fatto proprio, al punto d’aver organizzato dei veri e propri “Stati Generali del Mare”, in un convegno che si tiene e Milano il 31 del mese, alla presenza del Ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi e di tutti i principali protagonisti del settore, con l’obiettivo di stimolare la realizzazione delle “Autostrade del Mare”. Rainews24 lo ha incontrato in anteprima.
Vincenzo Onorato, in qualità di armatore, lei è proprietario della Moby, ovvero di 14 traghetti passeggeri e merci, oltre che di società e barche per i servizi in mare, a cominciare dal disinquinamento, da quanto tempo aspettava un segnale così forte come quello del Capo dello Stato?
Io credo che il Presidente Ciampi sia davvero innamorato dell’Italia e quindi, di conseguenza, credo che questo progetto nasca proprio da una necessità che agli occhi del Capo dello Stato è del tutto evidente. Da economista qual è, oltretutto, ritiene che non vi sia più nulla da attendere e che occorra procedere spediti per il bene dell’Italia, perché l’argomento non è più procrastinabile : le Autostrade del Mare bisogna farle.
Perché non si può rimandare oltre ?
Perché il traffico stradale è adesso giunto alla paralisi. E lo dico anche da utente automobilistico,
non solo da imprenditore interessato. Chiunque si sposti in auto in Italia si trova puntualmente davanti a un muro di continui rallentamenti, che sono purtroppo fisiologici in una rete stradale oramai incapace di continuare a convogliare altre automobili, altri camion. Il problema è sotto gli occhi di tutti. Ed io come armatore sono convinto che in un paese com’è l’Italia, circondato dal mare, buona parte di questo traffico possa essere trasferito proprio sul mare, a bordo di navi idonee. In passato questo passaggio era forse difficile perchè le navi non erano adatte, erano poco veloci ; ma oggi la tecnologia ci mette a disposizione delle imbarcazioni in grado di assicurare tempi di percorrenza rapidissimi e dunque ideali per il trasferimento veloce delle merci e dei mezzi. Il mio ruolo di armatore è proprio quello di fornire le barche adatte, le navi adeguate a far viaggiare via mare quello che oggi viaggia via terra, con sempre maggiori difficoltà.
Quali sarebbero i vantaggi ?
Faccio sempre questo esempio, quasi scherzando, ma non troppo : lungo una rotta ideale, classica, quale poterebbe essere la Napoli-Genova, con sole due navi, e con soli due anni di tempo a disposizione per realizzarle, fermo restando la volontà politica di farle navigare, si potrebbe trasferire su mare una coda autostradale di camion lunga 10 chilometri … con tutte le ricadute positive in termini di inquinamento, sicurezza e via elencando. Più navi a disposizione, più chilometri di code eliminati.
In Italia i cosiddetti padroncini di camion sono un autentico esercito, almeno 500 mila. E costituiscono una lobby consistente, con un potere negoziale enorme, capace di fermare il Paese, perché in Italia il trasporto viaggia su gomma. Come pensa di convincerli a cedere il volante ?
Occorre un intervento governativo tanto per cominciare ; quindi un ripensamento del trasporto e
dell’ attività dei camionisti. Oggi un tir è composto dal classico trattore e dal semirimorchio, ed insieme viaggiano su e giù per l’Italia, con i problemi che conosciamo. Un domani, invece, sarà il solo rimorchio a viaggiare. Vale a dire che un trattore si occuperà di trasferirlo poniamo a Genova per essere imbarcato in direzione di Palermo: una volta giunto a Palermo subentra un altro trattore che aggancia il semirimorchio e lo trasferisce a destinazione, magari a Cefalù. Si tratta dunque di riconvertire gli autotrasportatori, di conferire loro un nuovo ruolo. I vantaggi sono evidenti per tutti e si traducono in una riduzione dei costi, in una minore fatica al volante per i camionisti, in un impiego multiplo della motrice, che può smistare rimorchi su più navi, per più direzioni, in una sensibile riduzione dell’inquinamento ambientale. Ma soprattutto si traduce in un contributo a rendere più sicure le trade italiane, risparmiando su un prezzo di vite umane inaccettabile per un paese civile. E non c’è più tempo da perdere, perché il sistema è oramai prossimo al collasso.
Cosa chiede al governo ?
Di intervenire sulle categorie interessate, sugli autotrasportatori. Il governo deve finanziare questa
rivoluzione del trasporto, garantire ai trasportaori i mezzi finanziari idonei a riconvertirsi ; le risorse
per modificare le strutture esistenti e quelle per realizzarne di nuove, adeguate alle nuove realtà che
si prospettano. Se vogliamo è un problema culturale, oltre che pratico, perché si tratta di cambiare
abitudini radicate e posizioni consolidate nel tempo, di prendere coscienza che in questa maniera prima o poi ci fermiamo tutti e che non è solo la ragione di impresa a rischiare, ma anche un buona parte del nostro futuro ambientale, della nostra qualità di vita. I risparmi sarebbero incredibili, ad ogni
livello ! Però occorre pure l’onestà intellettuale di riconoscere che senza un grosso sostegno governativo tutto resta sulla carta, perché da sole le aziende di trasporto non ce la fanno, non possono affrontare una tale rivoluzione. Ci vogliono la volontà politica ed il sostegno economico che la politica può promuovere.
E lei è pronto ?
La Moby è pronta, stiamo studiando le navi e siamo a buon punto. Oramai abbiamo ben chiaro in mente come dovrà essere la nave da impiegare lungo le autostrade del mare : la stiamo disegnando e attendiamo solo il via libera per trasferire il progetto dalla carta al cantiere. Il nostro ruolo, il ruolo degli armatori,è proprio di pensare le navi e di metterle a disposizione.
Nel suo appello il Presidente Ciampi approfondisce il concetto “autostradale”, parla di un Paese che deve poter intercettare le merci che giungono in Europa da Oriente : di diventare dunque un terminale. E questocomporta una portualità adeguata, una rete ferroviaria dedicata. L’Italia le possiede ?
Il sistema portuale va chiaramente ridisegnato, rivisto, per renderlo adeguato ai programmi. Però
esistono scali dove questa rivoluzione è già partita, per esempio il porto di Civitavecchia, e parliamo
quindi di Roma. Sono piccoli segnali, debutti di potenzialità ancora tutte da esprimere, ma indicativi
della direzione da intraprendere. E con la volontà politica alle spalle queste direzioni si possono e si
devono imboccare.
Perché sinora non si è fatto nulla ? Dopotutto l’Italia affonda le sue radici in mare, eppure siamo giunti al collasso stradale…
Non c’è mai stata attenzione, evidentemente, non si è mai fatta una politica, anche ambientale, legata al mare, alle potenzialità economiche che esso contiene, che può esprimere, garantire. Non solo da parte della classe politica, ma forse, anzi, certamente, anche da parte di noi armatori che in talune circostanze non abbiamo avuto la qualità intellettuale ed imprenditoriale per farci conoscere meglio, per promuoverci come attori dello scenario. Ma questo è il passato, adesso pensiamo al futuro e a cercare di risolvere un problema che ritengo sia assolutamente improcrastinabile.
Quanta fiducia ha che si possano davvero realizzare le corsie marine ?
Personalmente credo nel progetto, perché sono oltretutto un uomo di mare ed il mare è parte integrante della mia vita. E’ vero però che senza la volontà politica la situazione non può sbloccarsi. Ma proviamo a girare la domanda e chiediamoci : per quanto tempo ancora si potrà stare con le mani in mano e non far nulla ? Il sistema è collassato, non regge più, non ci sono dubbi; ed il Paese, la sua economia davvero non possono permetterselo.