Catamarani, è lo spettacolo bellezza!

L’impiego dei multiscafi per le regate della Coppa America non piace a tutti. Anche di fronte ai piccoli AC 45 visti a Napoli per le World Series qualcuno ha storto il naso parlando di vela da rally e ha ricordato la tradizione della Coppa America, nata e cresciuta con i monoscafi, tranne la prima eccezione del catamarano di Dennis Conner che nel 1988 sconfisse in California il mostro neozelandese, il barcone di 40 metri uscito fuori dal cilindro del milionario Michael Fay, che pensava di aver scovato il modo giusto per portarsi la Coppa a Auckland.
I puristi lamentano le capriole fatte da questi multiscafi (Oracle e Artemis, che si sono rovesciati), poi che non sono in grado di andare bene di bolina, ovvero di risalire il vento come un monoscafo e, quindi, che proprio per questo le partenze avvengano al lasco, cioè col vento alle spalle.
Sono elementi sui quali si può anche concordare, il mare è altra cosa rispetto al perimetro ristretto della Coppa America e l’arte della navigazione ancor di più, tanto è vero che nel 1851 la Goletta America, che conquistò agli inglesi l’allora Coppa delle 100 Ghinee (l’America’s Cup si chiamava così) approdò nelle acque di Cowes dopo aver attraversato l’Atlantico. Però proprio questo aneddoto dei tempi ci dice che la Coppa America è evoluzione e che i catamarani sono oggi i figli dei tempi, concepiti per dare spettacolo.
Chi li critica dimentica che a trasformare la Coppa in un evento popolare, come lo è da qualche tempo, è stata la televisione e che la televisione è immagine oltre che spettacolo.
Lo sdoganamento risale al Moro di Venezia nelle regate di San Diego nel 1992, con le riprese tv che per la prima volta davano notorietà a uno sport che sarebbe altrimenti rimasto l’esclusiva di pochi, con tutto ciò che questo ha comportato, prima di tutto il volano economico messo in moto e il diffuso professionismo dei velisti che ha permesso di moltiplicare gli stipendi.
Certo può sembrare un circo, è vero, la prova di velocità pura sui 500 mt, forse lo è.
Ma vedere i multiscafi volare anche con una bava di vento è come essere andati sulla luna rispetto alle interminabili attese – fuori da ogni logica televisiva e sportiva- di quell’alito di vento che permettesse a quei dinosauri che erano gli AC Class di muoversi sull’acqua e di sconfiggere una noia abissale. Sarà pure vela da rally, i catamarani partiranno pure di lasco invece che di bolina, e mettiamoci pure che virano lentamente, ma è quello che ci voleva.
E’ inutile rimpiangere il passato con puntualizzazioni snob, anche se dopotutto le regole ci sono per essere cambiate e nessuno può escludere che un domani al milionario di turno passi per la testa un’altra idea. Ma chi ha concepito l’America’s Cup così com’è oggi, lo ha fatto certo con consapevolezza e lungimiranza. Di velista, ma soprattutto di imprenditore e, ancor più, di impresario teatrale, come a nessun regista sarebbe mai venuto in mente.

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