Sbarca nelle acque di Trapani il prologo della più prestigiosa regatavelica al mondo: gli “Acts 8 & 9 della Louis Vuitton Cup” che riuniscono tutti i protagonisti della XXXII edizione della Coppa America.
Dodici team, tre sindacati italiani, migliaia di spettatori per un’opportunità unica, anteprima assoluta per i mari italiani, al via dal 29 settembre al 9 ottobre. Ma protagonista è anche la Sicilia, con il suo bel mare, la sua storia, la sua cultura, l’ospitalitàe il calore della sua gente.
Dire Trapani è fin troppo riduttivo, perché nei fatti c’è un’intera regione che trepida per queste regate. C’è il mondo di un entroterra ricco di tradizione, di suggestioni storico- culturali, con una “capitale” dell’arte quale Palermo a poca distanza, i templi greci di Segesta e di Selinunte la tradizione di Erice e il profumo del Marsala, e c’è poi il mondo di un mare straordinario che si spinge sino alle isole Egadi, a Favigana in particolare, che sarà anch’esso spettatore privilegiato, perché anche le acque davanti all’isola saranno teatro delle regate. Solo qualche anno fa sarebbe stato impensabile immaginare che le barche di Coppa America potessero un giorno giocare a rincorrersi in Mediterraneo, oltretutto… a due passi dal Nord Africa. Se glielo avessero detto a quegli aristocratici velisti inglesi che a Cowes nel 1851 si fecero portar via la Coppa dalla goletta statunitense America, probabilmente avrebbero inarcato il sopracciglio, accarezzandosi dubbiosi i baffi.
E gli americani?, il New York Yacht Club della Quinta Strada, che per 132 anni ha custodito in vetrina il Trofeo più antico dello sport, eleggendo l’aristocratica Newport a salotto delle regate? “Trapani, who…?!?”. Ma il nuovo corso dettato dal magnate svizzero dai natali romani Ernesto Bertarelli, patron di Alinghi, il consorzio che due anni fa ha conquistato la Coppa America strappandola ai neozelandesi, ha cambiato molte regole di questo evento, che cerca di essere televisivamente sempre più attraente, vicino al pubblico, appetibile per gli sponsor. Trapani è dunque una delle tappe di avvicinamento alle regate di Valencia, in Spagna, dove si disputerà l’edizione 2007 dell’America’s Cup, in una formula che partita in sordina è via via cresciuta di interesse distribuendo un punteggio che finirà per avere il suo peso nella fase finale della Louis Vuitton Cup, il trofeo chiamato a selezionare lo sfidante di Alinghi nell’America’s Cup vera e propria.
L’obiettivo è di farne un circuito europeo, un po’ come avviene per la Formula Uno, con una serie di appuntamenti itineranti, anche se sinora le regate di Marsiglia, Valencia e Malmoe (Svezia), che hanno preceduto Trapani, hanno detto soprattutto che le barche sono adesso un po’ vecchiotte, perché rimaste quelle dell’ultima Coppa di Auckland, che poco o nulla hanno più da dire: Luna Rossa, per esempio, malgrado i tanti elementi di classe che ora affiancano lo skipper Francesco De Angelis, a cominciare dall’astro nascente James Spithill, il nuovo timoniere australiano, sembra rimasta alle notti di Auckland: nè avanti e nè indietro. La barca del Consorzio di Prada ha sì avuto qualche spunto, ma ha anche ribadito i sui limiti rimanendo due passi indietro alla svizzera Alinghi, un poco meno ai neozelandesi sponsorizzati dagli Emirati Arabi e ad un passo pieno dall’americana Oracle, malgrado questa sia stata pure soprannominata il “Grand Hotel” per i continui cambiamenti d’equipaggio, indicativi di un clima poco sereno. Le barche nuove d’altro canto scenderanno in acqua solo nel 2006 quando l’onda del mare di Valencia ed il vento che la spinge non avrà più segreti per i progettisti, oramai a loro agio con i dati rilevati sul posto in questi anni, da quando la città spagnola è stata designata sede della manifestazione, sconfiggendo la candidatura di Napoli: una gran mole di analisi che deve dare corpo alla migliore barca possibile, perché sbagliare non si può.
Da quel momento inizieranno i veri confronti, anche in regata, con i tre “Acts” previsti nel 2006, tutti nelle acque di Valencia, che serviranno anche, e soprattutto, a mettere a punto gli scafi, di modo da fornire ulteriori indicazioni ai progettisti che devono disegnare una seconda ed ultima barca, si spera più veloce della prima. Ma gli “Acts” sin qui disputati hanno anche messo in luce degli aspetti positivi, a cominciare dall’interesse del pubblico che è stato via via crescente, affascinato dalle belle immagini televisive divenute familiari in molte case. E poi hanno rappresentato una base di allenamento notevole, mettendo in luce le lacune da colmare, tanto a livello organizzativo, quanto a livello tecnico, con continue e puntuali verifiche da effettuare. Più di tutto però gli “atti” di avvicinamento hanno reso spettacolare l’evento come mai era accaduto in questa ultracentenaria avventura di vela che è l’Americàs Cup, perché non si erano mai viste tante barche regatare tutte insieme, in flotta, come si trattasse di una normale regata di circolo. Un trionfo di vele al vento, di montagne di tessuto di carbonio all’aria, con buona pace delle “match races”, dei balletti di virate continue, di una barca contro l’altra, che sono da sempre l’immagine simbolo della Coppa. Ci voleva Ernesto Bertarelli, un romano cittadino di un paese senza mare come la Svizzera per rivoluzionare un mondo di tradizione anglosassone, di regole ferree e antiche, e portare al sole della Sicilia una gara che ha spesso trionfato nelle nebbie, vuoi nei brevissimi esordi nella Manica, vuoi al largo dei dolci declini erbosi delle coste americane di Newport.
Dodici gli equipaggi in gara a Trapani e ben tre i consorzi italiani impegnati: Luna Rossa, alla sua terza partecipazione alla Coppa, vincitrice di una Louis Vitton Cup, Mascalzone Latino, atteso alla prova dei fatti, e il debuttante consorzio di +39, una barca con la testa dell’albero sul lago di Garda e le appendici nella Regione Sicilia, sponsor principale.
Chi più chi meno, tutte si sono tolte qualche soddisfazione in questi Acts di avvicinamento, vincendo inaspettatamente davanti ad avversari più quotati. Ed a Trapani promettono di ripetersi. Ma solo gli Stati Uniti negli anni migliori hanno schierato tre consorzi in gara e non gli inglesi, per esempio, che pure hanno inventato lo yachting e che oggi vantano la migliore economia del Vecchio Continente, tra le poche in buona salute. Sono le magnifiche, meravigliose magie del Bel Paese.