Un uragano di nome… A,B,C,D….

Il 2005 verrà probabilmente ricordato come uno degli anni più catastrofici in termini di cicloni tropicali. Sono stati ben 23, alcuni devastanti come pochi altri nella storia. Il precedente primato risaliva al 1933 con 21 uragani.

Quest’anno gli scienziati hanno persino esaurito le lettere dell’alfabeto latino. E per continuare a classificare i cicloni sono passati a quello greco, cominciando da Alpha, Beta…..

Intervista al Dr. Carlo Buontempo (a cura di E. Cappucci)
Thalassa ne parla con il Dr. Carlo Buontempo, del servizio meteorologico del Regno Unito.

Dr. Buontempo, i servizi meteo statunitensi non impiegano mai le lettere X,Y o Z per battezzare i cicloni. E quest’anno, con Wilma, si è esaurito l’alfabeto. Ve l’aspettavate un’annata simile, alle prese con queste mostruosità metereologiche?
“Il fatto che la temperatura dell’atlantico centrale fosse particolarmente alta rispetto alle medie climatologiche aveva messo in allarme molti centri meteorologici già dalla fine della scorsa primavera ma nessuno si aspettava un effetto così clamoroso. Un esempio su tutti: tre dei cinque cicloni più intensi mai registrati nei Caraibi nel corso degli ultimi 100 anni sono avvenuti negli ultimi 6 mesi. Wilma (Florida) il 19 Ottobre ha registrato il record assoluto di pressione minima mai misurata nel mondo occidentale (882 mb) e il numero di cicloni “nominati” ha per la prima volta a memoria d’uomo superato quota 22.

Dobbiamo aver paura, preoccuparci di possibili cambiamenti del clima?
Prima di lanciarci in catastrofismi stile “The day after tomorrow” proviamo a capire meglio come nascono come si sviluppano e come muoiano queste devastanti depressioni tropicali. Seguendo la definizione più comunemente accettata i cicloni tropicali (TC, tropical cyclones) sono delle perturbazioni tropicali rotanti caratterizzate da velocità del vento superiori a 32 metri al secondo. Il solo fatto di avere una così elevata velocità del vento (per gli amanti dei numeri 32 m/s sono 64 nodi o 115 Km/h, n.d.r.) li renderebbe di per se dei mostri meteorologici ma c’è molto di più.

E cioè?
Mentre le perturbazioni delle medie latitudini, come quelle che investono la nostra penisola, traggono la loro energia dal contrasto termico tra due masse d’aria di origine diversa i TC “risucchiano” l’energia dal mare. Ne consegue che il loro ciclo vitale è molto diverso da quello delle perturbazioni a cui siamo abituati. Una perturbazione extratropicale è un modo che il nostro pianeta ha per ridistribuire il calore tra i poli ed i tropici. Nello stesso modo i cicloni possono essere descritti come un modo per redistribuire il calore tra la superficie del mare e il resto dell’atmosfera. L’atmosfera tropicale è caratterizzata da intense nubi convettive spesso aggregate a formare strutture più ampie solitamente in movimento da est verso ovest. Nella maggior parte dei casi queste perturtbazioni non trovano le condizioni necessarie e muoiono senza evolvere in TC.

E quindi com’è che si giunge all’uragano?
Dipende dalla temperatura del mare, della sua superficie. Se questa è sufficientemente alta (>26 C) ed il vento abbastanza uniforme con la quota la perturbazione può innescare un meccanismo di auto-intensificazione. La colonna d’aria satura che ascende nel centro della perturbazione richiama aria nei bassi stradi dell’atmosfera riducendo una la pressione superficiale. Più l’aria accelera verso il centro della depressione più energia diventa disponibile alla perturbazione per rinforzare la colonna ascendente che a sua volta intensifica la depressione. Il ciclone raggiunge uno stato stazionario quando la dissipazione d’energia bilancia il flusso d’energia dalla superficie del mare.

In quali mari nascono i cicloni?
Sono diffusi su quasi tutti gli oceani del globo con la notevole eccezione
dell’Atlantico meridionale dove, con l’esclusione straordinaria del il 2004, non si sono mai osservati cicloni. E’ interessante notare che la fascia equatoriale compresa tra +5 e -5 gradi di latitudine è normalmente priva di cicloni. Perché i TC assumano la loro caratteristica struttura rotante è infatti necessario che “sentano” la rotazione terrestre. All’equatore la componente orizzontale dell’accelerazione di Coriolis è nulla.

E che direzione assumono?
Una volta formatisi i TC generalmente tendono a muoversi verso ovest e verso il polo. In questo movimento il ciclone può incontrare correnti marine fredde, come nel nord atlantico, o la superficie terrestre. In entrambi casi la fonte principale di energia viene meno causando gradualmente la morte del TC. La dissipazione del ciclone è rapida ma non istantanea e spesso la sua interazione con sistemi extratropicali può portare a fenomeni intensi che perdurano per giorni dopo la fine ufficiale del ciclone.

Si possono prevedere?
Poco più che cento anni fa, l’8 settembre del 1900, la città di Galveston nel Texas meridionale veniva spazzata via da un ciclone di cui nessuno aveva previsto la presenza. Anche se da allora i centri meteorologici, grazie alle immagini satellitari, hanno fatto enormi progressi, prevedere il comportamento dei TC rimane molto difficile. Fino a pochi anni fa nessun modello numerico di previsione del tempo era in grado di riprodurre sistematicamente l’intensità e la rotta dei TC e molti centri meteorologici si affidavano a metodi puramente statistici.

La previsione è l’anello debole nella catena dei soccorsi?
No, non più almeno. Grazie anche all’aumento delle risorse di calcolo le prestazioni dei modelli numerici sono andate migliorando e come ha tragicamente mostrato il caso di Katrina la previsione meteorologica ora non rappresenta più l’anello debole della catena dei soccorsi. L’errore sulla posizione di landfall della maggior parte dei modelli è ora inferiore ai 100 km (40 per Katrina).

Dovremo aspettarci un numero crescente di cicloni tropicali?
Visto il legame tra TC e la temperatura superficiale del mare è possibile immaginare che un aumento della temperatura degli oceani possa causare un aumento nel numero o nell’intensità di queste perturbazioni. Nel corso degli ultimi cento anni la temperatura superficiale del mare è aumentata in media di 0.2 C ma il numero di cicloni tropicali è rimasto pressoche invariato. Le più accreditate proiezioni climatiche prevedono un ulteriore costante aumento della temperatura del mare nel corso dei prossimi 100 anni ma la comunità scientifica è divisa sull’effetto che questo avrà in termini di TC anche perché è difficile fare proiezioni sulle tendenze dei cicloni dato che le loro dimensioni tipiche sono tali da renderli invisibili ai normali modelli climatici.

Nessuno si sbilancia, dunque?
Un sasso nello stagno è stato gettato lo scorso Luglio dal Prof. Kerry Emanuel del MIT. In un articolo pubblicato su Nature, Emanuel dimostra come l’intensità effettiva dei cicloni, misurata come l’intervallo temporale durante il quale la velocità superficiale del vento rimane massima, sia andata aumentando costantemente negli ultimi 25 anni. Anche se un grande dibattito è ancora in corso sulla fondatezza di questo studio molti credono che esso rappresenti una prima evidenza del legame tra riscaldamento globale e cicloni tropicali.

L’Italia, il Mediterraneo, deve temere i cicloni: si deve preoccupare?
I cicloni sono dei fenomeni prettamente tropicali e come tali non ci toccano particolarmente da vicino. Esistono però due altre perturbazioni la cui struttura è associabile a quella dei TC che possono occasionalmente influenzare il tempo sulla nostra penisola: le polar low ed i medicanes. Le prime sono delle piccole ma intense depressioni polari che si possono formare sul mare ad alte latitudini quando una massa molto fredda raggiunge aree più calde. Una polar low è in tutto equivalente ad un TC anche se le il meccanismo d’innesco è spesso legato alla presenza di una bolla d’aria fredda in quota (cut-off low) e le temperature tipiche sono molto più basse rispetto a quelle di un TC. I medicanes sono dei piccoli cicloni mediterranei in cui le caratteristiche extratropicali sono tanto evidenti quanto quelle tropicali. La presenza di un orografia complessa sul mediterraneo e l’interazioni con le depressioni extratropicali tende a rendere breve la vita di queste perturbazioni.

Breve, ma pur sempre possibile…
Un evento interessante in questo senso è stato segnalato pochi giorni fa nelle acque ad est di Catania.

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