In Canada, alla Conferenza sui mutamenti climatici aperta a Montreal, si discute di mutamenti climatici e di inquinamento atmosferico. Incalzati da un effetto serra ritenuto la principale causa di una stagione degli uragani senza precedenti, i rappresentanti di 189 paesi intendono andare oltre il protocollo di Kyoto, un accordo disatteso soprattuto dagli Stati Uniti, primo paese inquinatore al mondo.
A Montreal gli ambientalisti sfidano un clima polare per scendere in piazza e chiedere provvedimenti contro l’effetto serra, ritenuto responsabile del riscaldamernto della Terra e quindi delle catastrofi ambientali che hanno segnato il 2005. Gli ambientalisti hanno consegnato all’ambasciata americana una petizione con 600 mila firme che invita Washington ad impegnarsi concretamente contro i mutamenti climatici.
Il 30 novembre, la data che gli scienziati indicano da sempre per consuetudine come la fine della stagione degli uragani, e’ inesorabilmente scoccato. Ma quest’anno nell’Atlantico si aggira ancora una tempesta tropicale, la XXVI esima della serie infinita che ha caratterizzato questo 2005 da annali: è l’uragano Epsilon, che per il momento alimenta venti ad oltre 160 kilometri orari, indeciso se spegnersi sulle acque fredde dell’Atlantico, oppure se puntare sulle isole Azzorre e compiere il suo bravo flagello. La sua presenza di questi tempi, a stagione conclusa, ma soprattutto così a nord, in acque fredde, quando abitualmente gli uragani hanno bisogno di mari più temperati per alimentarsi di energia, e’ un ennesimo segnale dell’anomalia di un anno senza precedenti, ed offre un ulteriore motivo di riflessione ai rappresentanti di 189 paesi riuniti a Montreal per discutere del futuro climatico del pianeta Terra. La stagione 2005 ha contribuito a rafforzare le teorie di quanti individuano nell’effetto serra e quindi nell’azione dell’uomo una delle ragioni della presenza di fenomeni meteo tropicali sempre piu’ devastanti. Gli esperti sono infatti divisi tra chi sostiene che numero e intensita’ degli uragani siano l’effetto di un ciclo storico non inusuale e chi invece vede nel surriscaldamento della Terra la causa di quello che sta accadendo.
Una situazione costata in ogni caso migliaia di vite umane nel 2005, miliardi di dollari per le ricostruzioni, con la drammatica prospettiva di dover abbandonare in futuro le citta’ che si affacciano sul Golfo del Messico, che secondo alcuni studi sono destinate ad essere sommerse dalle acque e dal loro innalzamento, a causa del progressivo scioglimento dei ghiacci dovuto al riscaldamento globale. Sul fronte degli uragani l’escalation degli ultimi 10 anni e’ impressionante. Nel 1995 c’era stato un uragano devastante, Opal. Poi era stata la volta di Fran (1996), Floyd (1999) e Allison (2000). Il 2004 aveva portato un quartetto di disastri sulla Florida: Charley, Frances, Ivan e Jeanne. Sembrava un record, ma il 2005 e’ stato assai peggio.
Nell’Atlantico la stagione degli uragani comincia per convenzione il primo di giugno e si conclude il 30 di novembre. I 21 nomi in ordine alfabetico disponibili ogni anno per le tempeste tropicali e gli uragani, stavolta non sono bastati e il Centro Nazionale Uragani di Miami e’ dovuto ricorrere – per la prima volta nella storia – alle lettere dell’alfabeto greco.
Dopo Alfa, Beta e Gamma, con Delta e’ stato raggiunto il traguardo di 25 tempeste, 13 delle quali sono diventate uragani con venti superiori ai 119 km orari (un altro record). In alcuni casi, si e’ trattato di fenomeni di categoria 5, la massima prevista. Grazie a ‘mostri’ come Katrina, Rita e Wilma, il 2005 e’ costato agli Usa un numero di morti e un bilancio dei danni superiore a quello dei 10 anni precedenti messi insieme. Uno scenario che ha reso piu’ urgente definire, nella comunita’ scientifica, le ragioni di quello che sta accadendo. Fino a poco tempo fa, il consenso tra gli esperti era che si trattava di un ciclo naturale. Ma negli ultimi mesi un paio di importanti ricerche hanno puntato l’indice sull’effetto serra e sostenuto che il riscaldamento del pianeta e l’innalzamento degli oceani hanno un ruolo di primo piano.
Dal Massachusetts Institute of Technology alla Georgia Tech, sono sempre piu’ numerose le istituzioni scientifiche che forniscono indizi concreti a sostegno della tesi di un responsabilita’ umana nei disastri. Ed anche di questo si discute a Montreal, dove sino al 10 dicembre si svolgono in parallelo le riunioni dei rappresentanti dei 156 paesi che hanno firmato il trattato di Kyoto e dei 189 che fanno parte della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici del 1992. Nel primo gruppo non figurano gli Stati Uniti (che sono solo osservatori), mentre Washington e’ presente nel secondo. E proprio la posizione americana è al centro
dell’ attenzione. Paula Dobriansky, sottosegretario di Stato per gli affari globali, ha ribadito che gli Stati Uniti non vedono l’utilita’ di un negoziato su Kyoto e ritengono piu’ efficace che i vari paesi sviluppino” approcci diversi” ai temi climatici. Ma il rischio è che gli Stati Uniti questa volta debbano davvero fare i conti con le “armi di distruzione di massa”, così come ha definto gli effetti degli uragani il presidente della Royal Society britannica, Lord May, secondo il quale la regione costiera americana del Golfo del Messico si avvia a divenire “inabitabile entro la fine del secolo”. Non un deserto, ma un’Atlantide.