Chi l’ha detto che per doppiare il temibile Capo Horn occorre navigare tutti gli oceani e affrontare marosi da tregenda? Basta infatti trovare la finestra meteo giusta e la più meridionale delle terre emerse, estremo lembo del Continente sudamericano, affacciato sui ghiacci dell’Antartide, diventa come il promontorio dell’Argentario in estate. Franck Cammas , mito francese della vela, lo ha doppiato a bordo di un piccolo catamarano con gli oramai onnipresenti foils.
E’ bastato appostarsi nei paraggi e aspettare il giorno buono. Un video bellissimo.
Monthly Archives: November 2015
Minitransat, dopo Zambelli ecco Fornaro
Al traguardo anche il velista toscano, che con il suo Sideral chiude al 15 esimo posto assoluto la sua prima regata transatlantica con i piccoli Mini di appena 6,50 metri di lunghezza, in 25 giorni, 03h 35min e 05sec. Oltre 4 mila miglia di Atlantico tra le coste francesi di Douarnenez e la Guadaloupe. Federico Cuciuc giunge 39 esimo in 34 giorni, 13h, 19min e 12sec.
Com’è andata Andrea?
“Era la mia prima Transat, ed è stata un’esperienza fantastica, dovevo per forza portarla a termine, perché vi ho lavorato due anni. Ringrazio mia moglie che mi ha sostenuto in quest’impresa, i miei familiari che mi hanno incoraggiato e naturalmente lo sponsor e il gruppo di assistenza tecnica. Sono davvero orgoglioso di far parte di questa comunità”.
“Non sono partito proprio a cuor leggero, ho una figlioletta a casa che mi aspetta e l’ho pensata molto. Però è stata una regata fantastica, penso che la rifarò”.
Classement Série : Arrivée des 16ème (758), 17ème (857), 18ème…VIDEO – Les arrivées de Dimitri Simons (758), Andrea Fornaro Mini Transat 2015 (857), Sébastien Pebelier Skipper Mini Transat 2015 : laminidu56.fr (660), Carl Chipotel – Gwadloup minitransat 2015 (566) et Transat pour la biodiversité – LPO – Henri Leménicier (549), 16ème, 17ème, 18ème, 19ème et 20ème bateaux de série de la 2ème étape Lanzarote – Pointe-à-Pitre !
Posted by Mini Transat Iles de Guadeloupe on Venerdì 20 novembre 2015
Transat Jaques Vabre, intervista a Giancarlo Pedote ed Erwan Le Roux
ITWs de Erwan et GiancarloErwan : « Dans ma tête, il se passe plein de choses. Je suis vraiment heureux de cette victoire. Pour moi, c’est beaucoup d’émotions dans le sens où lorsque nous avons construit le bateau pour Frank-Yves Escoffier, en 2009 chez CDK, avec Bertrand Chamber-Loire (le Président de Crêpes Whaou !, ndlr) puis Hubert Desjoyeaux et les autres, j’étais loin de me douter de que ce j’allais pourvoir accomplir avec ensuite. C’est une superbe machine et décrocher une troisième victoire à son bord aujourd’hui, c’est, pour moi, quelque chose de vraiment exceptionnel !
Posted by Erwan LE ROUX on Mercoledì 11 novembre 2015
Transat Jacques Vabre. FENÊTRÉA-PRYSMIAN vince tra i Multi50, ed arriva terzo assoluto
11 novembre 2015. Il Multi50 FENÊTRÉA-PRYSMIAN ha tagliato la linea d’arrivo della Transat Jacques Vabre alle 11:59 e 13 secondi (ora italiana). Erwan Le Roux e Giancarlo Pedote hanno impiegato 16 giorni 22 ore, 29 minuti e 13 secondi a percorrere le 5.400 miglia (10.000 km) ortodromiche da Le Havre (in Normandia) a Itajaí (nel sud del Brasile).
Grazie a queste performances, il duo franco-italiano conquista la vittoria nella classe Multi50 e il terzo posto assoluto in questa traversata oceanica, lunga come un quarto del giro del mondo.
Si tratta della terza vittoria alla Transat Jacques Vabre per Erwan Le Roux e la prima vittoria alla prima partecipazione per Giancarlo Pedote, dopo una stagione piena di successi.
Un risultato conquistato con fatica, stringendo i denti, in quella che verrà ricordata come un’edizione particolarmente dura per le condizioni meteo marine che hanno caratterizzato il campo di regata soprattutto nei primi 4-5 giorni, durante i quali gli skipper di FenêtréA-Prysmian hanno deciso di adottare una strategia conservativa per la salvaguardia dei materiali e dell’imbarcazione.
Con il miglioramento delle condizioni meteo e grazie ad una traiettoria più occidentale già al passaggio delle Azzorre, il duo Le Roux – Pedote è comunque riuscito ben presto a recuperare lo svantaggio inizialmente accumulato, fino a prendere la testa della flotta in un primo momento il 29 ottobre mattina e poi stabilmente a partire dal 31 ottobre.
Anche il passaggio clou del Pot au Noir è stato gestito da FenêtréA-Prysmiani in maniera favorevole.
L’indicazione del routier Jean Yves Bernot di entrare nella zona di interconvergenza tropicale al 29 Ovest ha pagato, tanto che, dopo il passaggio di questa difficile zona, il vantaggio sul secondo risultava quasi raddoppiato. Se nella notte del 2 novembre il Multi 50 franco-italiano distava circa 260 miglia da Arkema, in quel momento secondo, la mattina del 6 novembre il distacco su Ciela Village (divenuto nel frattempo secondo) era di oltre 400 miglia.
E’ poi all’altezza di Fernando de Noronha che Pedote e Le Roux hanno superato il primo gruppo degli IMOCA, passando terzi nella classifica generale dopo i due Ultime MACIF e Sobedo Ultim’.
L’imprevisto
Sabato 7 novembre, mentre FenêtréA-Prysmian si trovava in discesa lungo le coste brasiliane, la randa si è lacerata nella parte superiore, obbligando i due skipper ad effettuare una riparazione a bordo che ha rallentato l’andatura del trimarano per qualche ora, ed ha concesso agli inseguitori il recupero di una quarantina di miglia.
Trovandosi a navigare in alisei da Sud Est abbastanza sostenuti, Giancarlo Pedote e Erwan Le Roux hanno dovuto regolare stabilmente la randa con una mano di terzaroli, arrivando fino a due mani di terzaroli nei pressi del Golfo di Rio, dove le condizioni più instabili erano pericolose per una vela con una riparazione di fortuna.
Nonostante il non poter sfruttare al 100% le potenzialità della barca, le difficoltà di un meteo non favorevole neanche nella fase finale (venti di 25 nodi con punte a 35 all’altezza di Rio e calo radicale dei venti nella baia di Itajaí) e nonostante lo slalom richiesto dalle numerose piattaforme petrolifere presenti lungo la costa brasiliana nei pressi di Rio, il team di FenêtréA-Prysmian ha potuto mantenere non solo la testa della flotta dei Multi 50, grazie al vantaggio ottenuto precedentemente, ma anche la terza posizione assoluta.
Presto le dichiarazioni dei protagonisti.
Un architetto croato ha fatto costruire un organo che trasforma le onde del mare in musica
Quello che vi sto per raccontare potrebbe lasciarvi stupiti: pensate al mare, alle sensazioni che vi provoca il fragore delle onde che giungono a riva una dietro l’altra. Benissimo. Un architetto croato, Nikola Bašić, ha pensato di trasformare tutto questo in qualcosa di armonico e piacevole all’udito.
Un maestoso organo, il Morske Orgulje, progettato nel lontano 2005, è l’indiscusso protagonista musicale della città di Zara in Croazia. Forgiato in alcuni scalini, lo strumento è composto da canali connessi a 35 tube, ciascuna collegata a sua volta a differenti corde musicali, per ottenere naturalmente suoni di vario tipo. Gli arrangiamenti sono puramente casuali e cambiano continuamente, e dipendono da come le onde vengono a contatto con l’organo. L’aria formatasi può così entrare nelle tube e così produrre le melodie.
Magico:
Transat Jacques Vavre. Fenêtréa-Prysmian, in testa tra i Multi50, è attualmente al terzo posto assoluto. Ma un problema alla randa rende tutto più difficile
9 novembre 2015. Sempre in testa alla Transat Jacques Vabre, da sabato il duo Le Roux – Pedote sta affrontando una nuova difficoltà: una lacerazione in cima alla randa, riparata ma troppo sollecitata, li costringe a navigare a vele ridotte.
Mentre Cabo Frio si profila all’orizzonte, FenêtréA-Prysmian si prepara per una transizione piuttosto radicale tra gli alisei dell’anticiclone di Sant’Elena e la zona di bassa pressione stazionata nella baia di Rio de Janeiro . Giancarlo Pedote e Erwan Le Roux, ancora in testa alla flotta dei Multi50 e da qualche giorno in lizza per la terza posizione assoluta alla Transat Jacques Vabre 2015, restano concentrati su quella che per adesso è la loro sfida: passare indenni questa fase transitoria, da cui dovrebbero uscire domani mattina.
Messi in difficoltà da una lacerazione nella parte superiore della randa che li costringe a navigare in modo permanente con una mano di terzaroli, i due skipper sperano che la riparazione effettuata sabato pomeriggio possa tenere fino all’arrivo in Itajaí.
Un arrivo stimato nella giornata di mercoledì, un arrivo che non avrà niente di semplice.
Oltre all’handicap di una randa che impedisce lo sfruttamento al 100% delle potenzialità della barca, il duo franco-italiano dovrà confrontarsi con le piattaforme petrolifere vicine a costa e le violenti piogge depressionarie del golfo di Rio, dove probabilmente Pedote e Le Roux dovranno ridurre ulteriormente la vela per affrontare le raffiche di vento previste a oltre 25 nodi.
L’obiettivo è quello di non prendere rischi e cercare di arrivare, sempre in testa, al porto di Itajaí.
Transat Jaques Vabre, la vela al limite
Pesante bilancio di una regata transatlantica partita nel peggiore dei modi. Passata la tempesta, l’italiano Pedote è ora in testa nei multiscafi di 50 piedi.
Un celebre adagio inglese, coniato dunque dai padri della marineraia moderna, recita che il buon comandante di un’imbarcazione non è colui che esce indenne dalla tempesta… ma colui che nella tempesta evita di entrarci, blandendola e aggirandola.
E’ evidente che la storiella è del tutto sconosciuta agli organizzatori della Transat Jaques Vabre, la regata in transatlantico tra la Francia e Itajai, in Brasile, che pur a conoscenza di una forte perturbazione in arrivo, proprio in occasione della partenza, hanno comunque dato il via alla regata, che poteva tranquillamente essere rimandata di un paio di giorni.
Il bilancio è di 17 barche ritirate, molte danneggiate, altre addirittura semi affondate e quindi abbandonate in Atlantico, con avventurosi recuperi dei naufraghi (vedi video Hugo Boss).
Francamente non si capisce il criterio di una posizione del genere, nemmeno vi fossero obblighi di nobiltà oceanica da far valere, blasoni da Circolo; a meno che non si volesse creare un evento nell’evento, una spettacolarizzazione da circo equestre ad uso e consumo della pubblica opinione per far parlare di sé e per sostenere il principio tanto caro oltr’Alpe che l’oceano (l’Océan…) è per i duri, punto.
Di solito gli organizzatori di questi grandi eventi di vela oceanica sono vecchi velisti che sopravvissuti alle loro avventure hanno oramai preso a metro organizzativo proprio le loro imprese, una sorta di auto deificazione.
Ma un fatto è trovarsi in condizioni difficili quando si è già in mezzo al mare, altro è andarsela a cercare per trovarsi a lottare subito per la sopravvivenza.
Dopotutto parliamo di sport o no?
Nessuno ha obbligato gli skipper a mettersi in mare, è chiaro; ma un professionista che si è preparato per mesi, anni magari, che ha investito risorse ed energie nel suo progetto, che ha obblighi con gli sponsor, è certo che non può tirarsi indietro e che è costretto a partire sulla sua pelle.
Francamente la trovo una cosa fuori da ogni regola, persino di marketing, chi ha responsabilità organizzative dovrebbe rifletterci.
Occorre proprio ricordare le tragedie che nel passato hanno segnato anche le grandi regate, come il drammatico Fastnet del 2009, con 15 vittime; la Sydney-Hobart, che prima di stringere il cerchio ai soli professionisti lasciava avventurarsi verso la Tasmania le famigliole, anche lì contandone le vittime?
L’ultima e più insopportabile delle tragedie annunciate è appena di un paio d’anni fa, la Cape Town-Rio, divenuta celebre da noi perchè vi partecipava Soldini: anche quella una regata ostinatamente fatta partire nonostante l’avviso di burrasca in arrivo e poi costata poi la vita a un partecipante.
In questa rassegna dell’inutile sacrificio umano a vela mi viene in mente anche il povero velista britannico morto in Coppa America a San Francisco, Bart Simpson, annegato nel rovesciamento dei catamarani spaziali voluti dagli “organizzatori”, ovvero i detentori del Trofeo.
Macchine da velocità ora accantonate, rivelatesi persino incontrollabili, e costate milioni di dollari di investimenti, in nome di una spettacolarizzazione e di un gigantismo dell’America’s Cup, che si è oggi ridotta a sfidarsi quasi con gli Hobby Cat da spiaggia nel disinteresse generale.
E’ indicativo poi che in questa Transat abbiano avuto i danni più seri e in numero maggiore proprio le barche che sulla carta avrebbero dovuto essere le più solide, oltre che le più moderne: gli Imoca 60, gli scafi destinati a correre le più dure regate intorno al mondo, alle prese con i mari più infidi e spettacolari del pianeta.
Segno che l’asticella si è alzata prepotentemente e che raggiungerla è un ansia che fa male.
In tutto questo, con tre mani di terzaroli alla randa, e solo con quella, l’unico italiano in gara, Giancarlo Pedote, ha felicemente passato la “nuttata”, sia pure con qualche livido di troppo, ma comunque rimasto in piedi nel “combattimento”.
Lo skipper del trimarano di 50 piedi, FénetreA- Prysmian, in coppia con il francese Erwan Le Roux ha tenuto una condotta di gara intelligente, badando soprattutto alla pelle e a non fare danni a sé e alla barca nella fasi più difficili della tempesta, centellinando le risorse e trattenendo il fiato, per poi mollare il freno una volta passata.
Ora guida brillantemente la gara nella sua categoria, con oltre 400 miglia di vantaggio sul secondo, e la calma dopo la tempesta gli ha permesso anche di parlare al telefono con gli scriba e con Thalassa in particolare.
Eccovi la conversazione. Buon vento a tutti.
Minitransat, lascia Alberto Bona
Due urti allo scafo e una mano ferita convincono lo skipper italiano a ritirarsi
Alberto Bona e Onlinesim abbandonano la Mini Transat: dopo lo stop di ieri a Capo Verde, l’atleta dello Yacht Club Italiano non può continuare la regata.
Raggiunto al telefono, questo è il suo racconto: “ Il ritiro è dovuto al fatto che mi sono fatto male a una mano e ho avuto dei problemi a bordo: sarebbe stato impossibile continuare la traversata in sicurezza.
Ho preso due colpi piuttosto forti. Il primo è stato quello di uno squalo che ha danneggiato la timoneria.
Poco dopo un altro urto ai timoni ha creato un ulteriore danno e la barra ha preso gioco.
Ogni volta era una capriola: ho recuperato due spi in acqua e nel farlo mi sono fatto male a una mano perché due dita sono rimaste incastrate nello stopper.
Purtroppo è andata così e mi fermo a Capo Verde: né io né la barca siamo nelle condizioni di fare l’Atlantico fino a Guadalupa.
Ora sto organizzando la barca e la logistica per tornare in Italia con un cargo appena sarà possibile”.
Al momento dello stop, prima di dirigersi sull’Ihla de Sao Vicente a Capo Verde, Alberto Bona e Onlinesim si trovavano in undicesima posizione.