Raggiunto al telefono a bordo della nave che lo ha tratto in salvo, il navigatore solitario romano Matteo Miceli, ci racconta la disavventura del suo naufragio in Atlantico, quando mancavano appena un paio di settimane al trionfale rientro a Roma, a conclusione del giro del mondo senza scalo.
C’è rabbia in Matteo per come è andata e malinconia per la barca perduta, fedele compagna di viaggio fino al naufragio nei pressi dell’equatore e dopo aver navigato i mari del Sud, gli oceani più infidi e spettacolari del Pianeta, in cinque mesi di navigazione.
E altra malinconia per non aver potuto salvare la sua gallina, la superstite delle due portate con sé che gli hanno fatto molte uova e anche molta compagnia. Continua a leggere