In meno di 50 anni la regione mediterranea ha quasi triplicato le sue richieste di servizi e risorse ecologiche aumentando il suo deficit del 230%.
Sono alcuni dei dati contenuti nello studio del “Global Footprint Network“, al centro della Conferenza apertasi oggi a Venezia, nella sede dell’Ufficio Regionale dell’Unesco per la Scienza e la Cultura in Europa. Il rapporto, intitolato “Andamento dell’impronta ecologica nel Mediterraneo”, fotografa due anni di monitoraggio degli ecosistemi della regione mediterranea.
La ricerca evidenzia, in particolare, che, tra il 1961 e il 2008, la domanda di risorse rinnovabili e servizi ecologici nella regione mediterranea è triplicata; la domanda di bioproduttività sulle aree agricole e marine della terra ha superato, dal 2008, le risorse ecologiche disponibili in percentuale superiore al 150%.
“Il metabolismo dell’umanità – ha detto Mathis Wackernagel, presidente di Global Footprint Network – è sproporzionato rispetto a quello della natura e ciò si verifica in particolare nel Mediterraneo, che ha un’ “impronta ecologica” del 15% superiore alla media mondiale e una biocapacità molto inferiore stimata il 60% della media mondiale”. Un dato che – secondo i ricercatori – spinge a sviluppare conflitti tra e all’interno delle etnie. Un problema che, ad esempio, non riguarda l’Italia che sta vivendo un pesante calo demografico.