Dal mare alle carte bollate. La battaglia tra i pescatori giapponesi e gli ambientalisti assume risvolti giudiziari con la richiesta di arresto per Paul Watson, l’ambientalista canadese forndatore di Sea Shepherd, l’associazione di difesa del mare, protagonista di numerose campagne in Antartico, per contrastare la caccia alla balena.
I fatti risalgono al febbraio scorso, quando la nave dell’associazione ingaggia il solito duello con le navi della flotta giapponese, per impedire una mattanza che Tokyo giustifica sotto la voce “operazione scientifica”, ma che ha il solo e unico scopo di rifornire i banconi di pesce dei mercati giapponesi e quindi i tavoli di sushi di balena, pietanza assai prelibata e ricercata, al pari del tonno rosso, anche questo in via di estinzione.
La questione scientifica si risolve unicamente nel fatto che i proventi della vendita della carne di balena vengono reimpiegati nell’attività di pesca: tutto qui. Il governo di Tokyo è quindi direttamente coinvolto.
I militanti di Sea Shepherd sono accusati di aver impedito alle baleniere giapponesi di svolgere la loro attività, impiegando addirittura delle misture chimiche che lanciate a bordo delle navi hanno causato il ferimento di un marinaio.
le autorità giapponesi hanno ottenuto un mandato di arresto per Watson ed ora cercano di trasformarlo in mandato internazionale attraverso la richiesta all’Interpol.
Non ci sono conferme ufficiali di questa azione, ma è sufficiente legger ebene nelle dichiarazioni del ministro giapponese dell’agricoltura, Hirotaka Akamatsu, per capire che il dado è tratto: “prenderemo decisioni definitive”, ha detto alla stampa, chiarendo che non si può lasciar correre davanti a un crimine com’è quello commesso da Watson.
Elementare.
Nei fatti gli ambientalisti, Watson in primo luogo, rispondono di aver lanciato sulla baleniera giapponese semplicemente del burro rancido e non dei prodotti chimici: una bomba puzzolente e null’altro, insomma, senza alcuna intenzione di ferire qualcuno.
“E’ una iniziativa politica”, commenta Watson, non credo che l’Intepol concederà alcuna estradizione e noi continueremo a ostacolare la caccia alle balene”. Elementare.
Forse ricorderete in quel febbraio scorso l’avveniristico trimarano dell’associazione, lo Steve Irwin, seriamente danneggiato nella collisione con una baleniera nell’oceano Antartico, un vero e proprio speronamento che ha portato all’affondamento dello scafo ambientalista.
Salito a bordo di una delle baleniere per formalizzare la protesta per un cmportamento inaccettabile, il capitano ambientalista Peter Bethune, è stato trattenuto a bordo e quindi portato in giappone dove è detenuto dal 12 marzo scorso, con le stesse accuse rivolte a a Watson.
Adesso non resta solo che l’Australia- da sempre in contrasto con Tokyo per la caccia alle balene- porti anch’essa il Giappone in tribunale, passando dalle minacce alle vie di fatto, e aprendo una volta per tutte un’azione legale che potrebbe indurre a più miti appetiti i ghiotti e cocciuti giapponesi.
Suggerisco di supportare l’azione legale con un’azione di protesta volta a creare disagi economici ai ristoratori giapponesi di tutto il mondo. Boicottiamo i ristoranti giapponesi evitando di foraggiarli con i nostri soldi e facciamoci sane abbuffate in ristoranti che non sono corresponsabili della caccia alle balene!