Sydney-Hobart. Wild Oats è il diavolo di Tasmania

Il super maxi australiano Wild Oats si aggiudica la prestigiosa regata per la terza volta consecutiva, eguagliando il record di Morna, vittoriosa negli anni 1946/47/48.
Mai in discussione la vittoria dello scafo di Bob Oatley, timonato da Mark Richards, che non ha mai mollato la testa della regata, lungo le 628 miglia del percorso che divide la metropoli australiana Sydney dalla capitale dello Stato di Tasmania, Hobart. Resta tuttavia imbattuto il primato di 1 giorno, 18 ore, 40 minuti e 10 secondi stabilito nel 2005 proprio da Wild Oats, quando il maxi di oltre 30 metri di lunghezza fu spinto da un vento favorevole che, se pure impegnativo, lo spinse al traguardo a tempo di record.

Funestata negli anni da tempeste e drammi, come nel 1998 quando sei velisti persero la vita in mare, la 64 esima edizione della Sydney-Hobart è stata quest’anno segnata da mare piatto e vento debole. Al secondo posto si è piazzato il maxi britannico City Index Leopard, mentre terzo è giunto Ichiban e solo quarto Skandia, un altro dei favoriti della vigilia, già vincitore della prova.

Adesso non resta che il poker.

Wild Oats, come prima, forse più di prima

Come da previsioni, il favorito della vigilia, il super maxi Wild Oats, guida la flotta delle 82 barche in gara in questa classica dell’altro emisfero, che parte proprio il giorno di Natale dal Sydney Harbour, la splendida baia della metropoli australe, per approdare nell’isola di Tasmania, nella capitale Hobart, dopo 628 miglia di oceano.

L’oceano è subito lì, appena attraversate le porte del Sydney Harbour, l’immenso e spettacolare golfo di Sydney che penetra per oltre 22 chilometri all’interno del territorio. Tutto intorno i giardini perennemente fioriti della più importante città australiana, con i grattacieli a specchio ed i vecchi “docks”, le banchine che accoglievano i bastimenti del secolo scorso, a fare da cornice.

La partenza della Sydney-Hobart è una vera festa nella festa, una tradizione irrinunciabile per la città.

Wild Oats è il grande favorito, spinto dall’entusiasmo delle due precedenti vittorie consecutive, nelle edizioni del 2005 e del 2006, spera di cogliere un record storico, quello delle tre vittorie consecutive che in 62 anni di storia della regata è stato appannaggio di una sola barca, Morna, che vinse nel 1946, nel 1947 e nel 1948. Ma non sarà cosa facile, perché a contrastare la marcia dello scafo australiano ci sono almeno altre due barche, entrambe agguerritissime, Scandia, vincitrice nel 2003 e l’inglese Leopard. Quindi, l’americana Rosebud.

Nella prima giornata di mare Wild Oats ha guadagnato un distacco di appena 8 miglia sulle prime due, mentre sono 22 le miglia che la separano dall’americana.

In una regata che sin dal suo esordio nel 1945 è stata segnata spesso dalle burrasche e dalle tragedie, le condizioni meteo non sembrano una minaccia quest’anno: la flotta è accompagnata da una leggera brezza di nord est, ideale per veleggiare verso sud, con le previsioni che parlano di un’intensificazione ma non di condizioni estreme. Nessuna possibile limatura dunque al record di

1 giorno, 18 ore, 40 minuti e 10 secondi, stabilito proprio da Wild Oats nel 2005, ma neppure la tragedia del 1998, per esempio, quando una burrasca senza pari si abbatté sulla flotta, affondando 7 barche e portandosi via 6 velisti, scomparsi tra i flutti. Oppure dell’edizione del 2004, quando su 116 barche partenti ne giunsero a destinazione soltanto la metà ed una affondò. Proprio le tragedie hanno consigliato negli anni gli organizzatori di modificare il regolamento iniziale, permettendo l’iscrizione solo ad equipaggi professionisti: la Sydney-Honart perse forse un po’ il suo fascino di grande regata popolare, di festa stramarinara, aperta a tutti, ma ne guadagnò in sicurezza.

http://rolexsydneyhobart.com

Azzurri, quando il gioco si fa duro

Due medaglie azzurre nelle regate di Palamos, in Spagna, Gabrio Zandonà e Andrea Trani vincon nel 470 maschile, Larissa Nevierov è terza nel Laser Radial.

Giornata finale con vento forte a raffiche e onda formata, condizioni difficili che hanno reso spettacolari le finali Medal Race tra i top ten di tutte le classi.

La vela azzurra torna dalla tappa spagnola di Palamos del circuito Eurolymp con due “medaglie”: il primo posto di Gabrio Zandonà (nella foto) e Andrea Trani nella classe 470 (1-2-9-4-3-2-4-4-bfd-10-1-3-2) con un 2° nella Medal Race e +7 sui primi inseguitori, gli iberici Sanchez-Ramos Lopez. Bene i giovani Fabio Zeni e Nicola Pitanti, ottavi e con un buon 6° nella Medal Race.

Ottimo anche il terzo posto nella classe Laser Radial di Larissa Nevierov (8-7-2-14-15-3-2-5-1-7-3-4-2), che grazie al 2° nella Medal Race ha conquistato un podio significativo alle spalle di due grandi protagoniste della stagione, la lituana Gintare Volungeviciute e la bielorussa Tatiana Drodzovskaya. Da sottolineare anche l’ottimo 7° posto finale della giovane Francesca Clapcich che è stata quinta nella Medal Race.

Chiusura sfortunata per Chiara Calligaris, Francesca Scognamillo e Giulia Pignolo (3-5-3-6-2-3-7-3-4-1-2-3-7) nella classe Yngling, dove partivano dal 3° posto ma una pessima Medal Race le ha fatte slittare al 5°. Vittoria francese con Le Berre-Ponsar-Deplanque.

Nella classe Laser standard maschile bravo Filippo Baldassari (28-9-22-27-10-1-20-14-14-9-5-12-5) che ha chiuso all’8° posto risalendo di una posizione grazie al 5° nella Medal Race, nella classifica dominata dall’olandese Van Vianen.

Nella classe 470 femminile Francesca Komatar e Sveva Carraro chiudono al 10° posto della classifica (10-ocs-7-bfd-8-6-3-5-9-10-11-8-9) vinta dalle tedesche Rottweiler-Kossatz.

Uno per tutti, tutti per uno

Si è svolta in un clima di grande commozione la premiazione del 1° Moby Roma Grand Prix Riva di Traiano, il circuito ideato da Paolo Venanzangeli, relativo alle regate organizzate dal Circolo Nautico Riva di Traiano.

C’erano tutti a ricordare Paolone, fondatore e Commodoro del Circolo: c’erano gli amici velisti, gli armatori e i giornalisti che hanno condiviso con lui i tanti anni di passione per la vela. C’erano Vincenzo Onorato, Mauro Pelaschier, Pasquale De Gregorio e Matteo Miceli.
E c’era a fare gli onori di casa il Presidente del Circolo Nautico, Gianni Marenco. Il vincitore del 1° Moby Roma Grand Prix Riva di Traiano risponde al nome di Marco Emili, armatore del Grand Soleil 40 “Zitta Zitta” che, avendo partecipato a tutte le prove del circuito, si è aggiudicato il Trofeo Paolo Venanzangeli, ricevuto direttamente dalle mani di Vincenzo Onorato.

Secondo si è piazzato Francesco Sette, armatore del Grand Soleil 37 “Magica II”, che ha conquistato il Trofeo intitolato alla memoria dell’Ammiraglio Mario Di Giovanni. Terzo Stefano Ferri, armatore del First 36.7 “Flock VMG”, che ha vinto il Trofeo Armando Bordoni.

Durante la serata sono state consegnate, da parte del Porto Turistico e del Circolo Nautico Riva di Traiano, tre speciali targhe di riconoscimento, riproducenti la Torre simbolo del porto. Una è andata Matteo Miceli, detentore del record di transatlantica in solitario a bordo di un catamarano di 6 metri e di recente nominato Velista dell’Anno 2007. Un’altra a Mauro Pelaschier, per la sua straordinaria carriera di velista e per l’assidua partecipazione alle regate di Riva di Traiano, e la terza all’onorevole Sandra Cioffi, Presidente dell’Associazione Parlamentari Amici del Mare per la passione e la competenza che esprime in parlamento per il mondo della nautica.

La classifica del 1° Moby Grand Prix Riva di Traianoè stata stilata in base ai risultati ottenuti nelle seguenti regate: seconda manche del Moby Roma d’Inverno 2006-2007 (5 prove disputate da gennaio a marzo 2007), Moby Roma per Tutti 2007 (535 miglia), Moby Roma Giraglia 2007 (255 miglia) e, infine, la seconda manche del Moby Roma d’Inverno 2007-2008 (quattro prove disputate da novembre a dicembre 2007).

Coppa America, all’aria tutti i progetti: si corre con i catamarani!

Sembra proprio profilarsi una sfida tra catamarani per la prossima Coppa America: un duello a due tra il detentore Alinghi e lo sfidante Oracle, che giudica “deludenti” i colloqui intentati per sanare una controversia senza fine.

La verità è che siamo davanti ad un pasticcio proprio ben fatto, un vero gorgo di pandette legali da cui nessuno sembra voler uscir fuori.

Tutto ha inizio a conclusione della XXXII edizione dell’evento, quando nello scorso luglio, conservata vittoriosamente la Coppa, Alinghi, come da regolamento, detta le regole per l’edizione successiva, prevista sempre a Valencia, nel 2009.

Dal cappello a cilindro del Signor Ernesto Bertarelli, patron di Alinghi, salta fuori (a sorpresa…?) una bella nuova classe di barche: basta con i vecchi e lenti classe America’s Cup, degli scatoloni dai quali oramai non si riesce a spremere più niente, e via a una concezione di barche completamente nuove, disegnate secondo una nuova formula, lunghe 90 piedi (oltre 27 metri), e con una montagna di vela in più rispetto ai Coppa America, lunghi “appena” 24 metri.

L’intento, è chiaro, è di rendere ancor più spettacolare un evento che lo sbarco in Europa, nella sua prima volta nella storia, dopo le origini del 1851 in Inghilterra, ha reso un vero “circus”, che non fa mistero alcuno di voler eguagliare lo spettacolo e il richiamo esercitato dalla Formula Uno automobilistica.

Le nuove barche, però, non piacciono a tutti. Non che non siano belle e necessarie, anzi; ma sono talmente nuove, talmente grandi da comportare inevitabilmente una lievitazione dei costi: progetto, realizzazione, messa in opera, equipaggio, manutenzione. Tutto da capo.

Ma soprattutto quello che non va giù è che Alinghi abbia fatto le cose in gran silenzio ed in grande fretta, senza consultare nessuno, ovvio, ma senza neppure dare il giusto tempo agli sfidanti per analizzare e digerire le nuove regole, imponendo loro la sfida già nel 2009.

Troppo anche per i ricchi patroni di Coppa.

Troppo per non alimentare i sospetti che Alinghi sia già notevolmente avanti nello sviluppo della nuova classe e, dunque, di nuovo in vantaggio sul resto della flotta.

Tanto più, già che gli animi sono… sereni, che Alinghi sceglie un inedito Yacht Club, il Club Náutico Español de Vela, come Circolo del Challenger of the Record: un club spagnolo sino a quel momento sconosciuto, rappresentante della sfida spagnola, al quale, come da regolamento, spetta il compito di rappresentare tutti gli sfidanti. E che accetta le nuove barche.

E’ a quel punto che Prada ringrazia e toglie il disturbo, lasciando gli italiani orfani di Luna Rossa e che Oracle si rivolge alla Corte Suprema di New York, chiamandola a decidere sulla legittimità dell’operazione e sulla possibilità di una sfida a due, Oracle-Alinghi, come pure stabilisce il “Deed of gift”, l’atto di donazione, il regolamento ultracentenario che fissa le regole base dell’America’s Cup. Una sfida, udite udite, da disputarsi… con dei catamarani!

Saltato ogni tentativo di conciliazione, la Corte di New York dà infine ragione ad Oracle, il quale chiede allora che la Coppa sia disputata a Valencia nel 2009, così come previsto inizialmente.

Ma a quel punto è Alinghi a fare il sordo e a non voler ascoltare le richieste americane.

<<Il Signor Bertarelli ci propone una revisione del “Deed of gift”, una nuova stesura>>, dice Larry Ellison, patron di Oracle, precisando di avergli invece chiesto di pronunciarsi chiaramente sulla data del 2009.

E nell’assenza di un accordo tra le parti la legge sovrana resta quella dell’atto di donazione che tutto regola e in base al quale Oracle ha lanciato la sua sfida in catamarano, da tenersi nel 2008. E ad Alinghi non resterebbe che accettarla.

In un’intervista rilasciata lunedì 10 dicembre al quotidiano svizzero Le Temps, dopo aver scartato l’ipotesi di una Coppa nel 2009, già rinviata dall’America’s Cup Management, Ernesto Bertarelli è sembrato rassegnato all’idea dei catamarani, affermando che Alinghi si sta preparando a “un duello tra multiscafi”.

Per la cronaca toccò già ad un altro patron di Coppa America arrendersi all’idea di un multiscafo. Fu nel 1988 quando esasperando l’interpretazione del Deed of gift (al solito), il vulcanico milionario neozelandese Michel Fay lanciò la sfida agli americani con un barcone di 37 metri con tanto di bompresso, Big Boat KZ1.

Per nulla intimorito, Mr. Coppa America in persona, il mitico Dennis Conner, rispose da par suo, mettendo in acqua un agile e velocissimo catamarano: Stars and Stipes. Ed ebbe vita facile.

Ah, detto di sfuggita: su Oracle il padrone del vapore è oggi Russel Coutts.

E il burbero orsetto neozelandese è della stessa identica stoffa di tennis Conner.