Dimmi cosa mangi e ti dirò…

Alcuni ricercatori hanno analizzato i menù dei ristoranti americani degli ultimi 150 anni. Dai gusti dei consumatori e dai prezzi hanno ricavato indicazioni utili per la conservazione delle specie marine.

Duecentomila menù analizzati, indietro negli anni sino al IXX secolo, spulciando tra i gusti dei ristoratori e soprattutto dei consumatori per ottenere un’ indicazione dei cibi più apprezzati e in voga in passato, e stabilire quindi le tendenze del futuro.

“Possiamo pensare di ipotizzare cosa accadrà in futuro agli oceani, soltanto analizzando i dati del passato”, spiega Poul Holm, un ambientalista danese a capo dell’équipe di ricercatori internazionale che studia la storia della fauna dei mari.

“Dobbiamo educare il pubblico sulla conoscenza degli animali marini, insiste Holm, perchè se i consumatori sapessero che alcuni pesci e crostacei che mangiano sono a rischio di estinzione, allora forse deciderebbero di non consumarli più”.

Per far fronte ad una crescente domanda di pescato i pescatori, soprattutto i grandi pescherecci oceanici alle dipendenze della compagnie di pesca internazionali, vanno a gettare le reti in acque sempre più profonde, alla ricerca di specie rare e prelibate, ma anche delicate come accade al largo delle coste australiane. Si tratta di pesci finiti sulle tavole delle famiglie e dei ristoranti solo di recente, negli ultimi dieci anni: specie che maturano molto lentamente, capaci di vivere oltre i cento anni. Questo spiega il loro basso tasso di riproduzione e dunque il loro concreto rischio di estinzione. Per questo gli scienziati si battono perchè venga regolamentato il loro tipo di pesca.

L’analisi dei menù e dei prezzi dei ristoranti degli Stati Uniti, sin dal 1850, ha portato inoltre alla luce dei mutamenti di gusto e di prezzo per alcuni tipi di crostacei, come per l’astice canadese e, quindi, per il pescespada e la sogliola, anche questi giudicati a rischio di estinzione. Al contario il prezzo dell'”Orecchia di mare”, un mollusco molto ricercato, e apparentemente prelibato, è rimasto pressochè invariato per oltre 20 anni, per poi decuplicare a cominciare dagli anni ’50. Nel 1997 le autorità californiane ne hanno addirittura vietato la pesca per evitarne la scomparsa.

Il prezzo delle ostriche è rimasto invece costante per oltre un secolo prima di aumentare al ritmo di due volte il tasso dell’inflazione, a cominciare dagli anni ’50. Mentre l’astice è diventato un piatto ricercato soltanto negli anni ’20, come indica del resto l’infiammata del prezzo sui menù, passato in fretta dai 5 dollari, cifra stabile per 70 anni, ai 25 dollari. Prima di quell’epoca l’astice era considerato un crostaceo ordinario, di poco conto, capace peraltro di raggiungere dimensioni considerevoli, secondo i pescatori anche 20 chilogrammi a esemplare.

“Il pesce è alla base dell’alimentazione sin dall’alba dell’umanità”, sottolinea Poul Holm, “ma oggi la forte diminuzione di molte risorse ittiche fondamentali, rende necessaria una migliore comprensione delle cause di questo cambiamento rischioso per noi, ma soprattutto per l’ambiente”.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *