Le Autostrade? Buttiamole a mare!

 

Il trasporto via mare è diventato oramai una necessità in un paese come l’Italia, sempre più congestionato dal traffico stradale che è causa di ingenti danni ambientali, ma soprattutto di oltre 6 mila morti e 25 mila disabili permanenti l’anno: il bilancio di una guerra, un costo di vite umane intollerabile per un paese civile.

Lo Stato italiano da una parte incassa denaro sotto forma di accise sulla benzina, tasse, bolli e
balzelli automobilistici di ogni tipo e, dall’altra, deve far fronte alle spese sanitarie e di assistenza di un conflitto non dichiarato, ma che è sotto gli occhi di tutti.

Le merci viaggiano su gomma su e giù per il Belpaese, quando potrebbero agevolmente viaggiare sulle navi, oltretutto a prezzi assolutamente più convenienti: un cv vapore trasporta su strada 150 kg di merci, mentre via mare ne trasporta 4000. Una sfida neppure proponibile, persa in partenza,
eppure si continua a investire sull’asfalto e sulla gomma, piuttosto che sulle “Autostrade del mare”, su strutture combinate -mare-ferrovia, gli interporti- che contribuirebbero a restituire alla sua dimensione umana il traffico automobilistico: con due sole navi ogni giorno scomparirebbe dalle strade italiane una colonna di tir lunga 10 chilometri.
Ma soprattutto gli interporti farebbero dell’Italia il porto naturale dell’Europa, la meta privilegiata degli scambi commerciali da e per il Vecchio Continente. Una scommessa da vincere. Thalassa vi propone l’inchiesta di Enzo Cappucci, realizzata nell’ambito dei suoi “Progetti d’Italia”, la serie di servizi sulle “cose da fare” per rilanciare il Belpaese.


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Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 Comandante Salvatore Modica.

Ho letto con vivo interesse l’intervista al Sig.Onorato (Thalassa, argomenti: Le autostrade in mare) e mi trovo del tutto d’accordo con quanto dichiara in linea generale, anche se mi piacerebbe che Egli fornisse maggiori dettagli su alcune cose molto importanti.
Per esempio, quando parla di aiuti governativi, intende parlare di sovvenzioni statali agli armatori? Sul tipo di quelle di cui usufriva la Soc.Tirrenia e che il Dott. Onorato ha denunciato alla Commissione Europea?
Non vorrei essere frainteso, non ho nessuna intenzione di sollevare polemiche: il problema del trasporto marittimo è troppo importante per ridurlo ad interessi di bottega.
Certo che deve intervenire il mondo politico, che ci vuole un intervento governativo economico e soprattutto di tipo culturale. Proprio quest’ultimo, allo stato dei fatti, rimane l’ostacolo più arduo da affrontare. Solo una volta capito finalmente cosa significa essere circondati dal mare, solo dopo essersi resi conto che, il mare che bagna l’Italia costituisce una ricchezza immensa tutta ancora da sfruttare, solo allora si potrà intraprendere con vigore l’opera di ristrutturazione dei porti, della flotta, delle linee di comunicazione ferroviaria, etc, etc.
Ma se non ci si crede per convinzione culturale, se cioè si guarda solo al lato economico, pur importantissimo, temo che qualsiasi politica di rinnovamento sia destinata al fallimento.
Eppure, anche in Italia, non era cominciata così: alla fine della guerra con tutto un paese da ricostruire, da riorganizzare, una Società di navigazione, con navi vecchie, scampate alla distruzione bellica, cominciò a ripercorrere i mari intorno allo Stivale, trasportando derrate alimentari, macchinari, uomini : ricreando quella continuità di stato-nazione – territorio che la guerra aveva distrutto.

La stessa Società di Navigazione, con le proprie vecchie navi collegò i porti italiani, grandi e piccoli, con la rinascente Europa: con scali a Lisbona, Londra, Amburgo, Rotterdam, per non parlare della Spagna. Non è un panegirico della Tirrenia, quello che sto cercando di descrivere, ma l’esempio della capillarietà di trasporti via mare che sarebbe dovuta continuare fino ai giorni nostri, certo con una concezione, via via più moderna: non si tratta certo di portare un sacco di farina a Pantelleria, oggi, ma di caricare i Tir che dalla Sicilia vanno verso il nord Europa e viceversa, altro che Ponte sullo Stretto !
Perchè non si è fatto? Perchè , negli anni 80, le navi Ro-Ro fra le migliori in tutto il Mediterraneo , furono trasformate in traghetti passeggeri tra i peggiori in circolazione?
Erano navi del tipo che Il dott.Onorato sta progettando, cioè che trasportano solo il rimorhio senza il trattore, niente di nuovo, navi siffatte sono sempre esistite , ma si preferì dare sviluppo alle autostrade, perchè ci dovevano passare i tir e le automobili perchè forte era la spinta politica ed economica delle case costruttrici .
E non è questo prima di tutto un errore culturale?
Vorrei ulteriormente sottolineare che il mio non è e non sarà mai un panegirico della Soc.Tirrenia di Navigazione: ho solo descritto la funzione che nel passato essa ha avuto nel trasporto marittimo italiano quale spunto per un discorso più generale. Siamo in regime di libero mercato, penso, esasperato, e quindi i vari Onorato, Grimaldi, Marsano e, chi più ne ha più ne metta, hanno tutto il diritto di espandere la propria flotta e occupare le linee commerciali; hanno tutto il diritto di darsi da fare per indurre il mondo politico a rivedere le strategie sulla circolazione delle merci.

Anzi sarebbe un’opera benemerita se….. se il regime di concorrenza, in libero mercato, portasse ad una riduzione delle tariffe !
Mi domando spesso se quello dei trasporti sia un compito da demandare completamente ai privati o se sia invece convenienza dello Stato, e quindi dei cittadini, mantenere una forte forma di controllo su un settore così importante della vita pubblica.
Certo la privatizzazione delle Ferrovie non costituisce attualmente un esempio bene augurante!
Sarebbe proprio così peregrino lasciare liberi i privati di operare con le proprie flotte, mantenendo comunque una “Compagnia di Bandiera” che garantisse tariffe di trasporto tali da non gravare eccessivamente sul costo delle merci che poi arrivano sul mercato?
Certo siamo in Europa (per fortuna!) e dobbiamo adeguarci alle leggi comunitarie, ma vogliamo vedere se gli altri paesi europei intervengono in qualche modo sulle compagnie di navigazione?

Cordiali saluti,
Salvatore Modica

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